Memorial Carloni 2006 Marco Sportelli
|
|
A volte siamo portati a pensare che l’attività che svolgiamo al morsetto, il “fare mosche”, sia solo un male necessario per poterci andare a pesca. In realtà chi s’avvicina alla pesca a mosca lo fa in parte attratto dal fascino del sistema ma in parte anche per scoprire il segreto nascosto dentro a queste esili creazioni. Quanta importanza abbia tutto ciò ora nella mia passione non mi è facile quantificarlo. Per farlo posso solo pensare agli inizi. Certi ricordi abitano negli occhi, altri nella pelle, diversi dei miei sopravvivono nel naso. L’odore di un tubetto di cera, il particolare sentore di certi colli inutilizzati da anni, generano Deja-vu olfattivi che mi rimandano lontano nel tempo, aprono improvvisamente stanze della mia mente cui non posso accedere diversamente.
In quanto inaccessibili contengono ricordi mai logorati dal tempo. Immagini fresche ed intense che mi mostrano, con gli occhi stupiti del ragazzo qual’ero, l’incanto del fare e la felicità del possedere che provavo nei primi tempi. Penne, fili, piume, ami, e poi pinzette, bobinatori, il morsetto. Tutto contenuto in una valigetta di legno. Ingredienti indispensabili a creare i magici feticci con cui sfidare le regine del fiume. Per quanto logora, brutta ed anacronistica possiedo ed utilizzo ancora quella valigetta. La comprai, assieme ad un libro di Lumini, ancora prima d’imparare a lanciare. Da un lato un set completo d’attrezzi è fissato, tramite elastici, su un fondo di velluto blu; dall’altro, le tasche ed i barattolini dove disporre la minuteria. Per anni è stato il mio piccolo tesoro: lo pagai una cifra superiore alle mie possibilità e nei mesi successivi ingurgitò gran parte delle mie misere disponibilità finanziarie. Soldi spesi bene, perché ora mi basta riaprirla, montare il morsetto e cercare tra tasche e contenitori il materiale necessario, per approdare in un luogo senza tempo, sempre alla continua ricerca della mosca assoluta, l’imitazione perfetta, il Graal piumato cui nulla possa resistere. A prescindere dalla valenza, l’impegno o la fiducia che noi riponiamo in quest’attività il quesito che ci segue al morsetto e persegue lungo il fiume è sempre il medesimo: noi ci vediamo una mosca, il profano una curiosità, ma il pesce… cosa ci troverà di tanto interessante il pesce? Una domanda retorica, sottile; una di quelle che stazionano senza risposta sotto il pelo dell’acqua, per emergere di tanto in tanto e farsi dubbio solo quando il pesce ci mette un punto interrogativo. Non abbiamo risposta, e davanti all’ignoto l’uomo ha da sempre perseguito due vie: la fede coi suoi dogmi o la magia con riti e feticci. Basta guardare dentro le nostre scatole per capire che anche nel terzo millennio non conosciamo una terza via: siamo tuttora preda di totem e tabu. Più totem che tabu. Certi periodi trabocchiamo di fede e le riempiamo con modelli dai nomi famosi ed altisonanti, in altri ci lasciamo sedurre dallo stregone del momento e ne copiamo tutti i modelli, poi giuriamo fede all’imitazione esatta, infine, magari, professiamo la superiorità degli attractor. Tutto legittimo, certamente, ma le ore sacrificate al totem del momento si tramutano in decine di modelli che vanno a sovrappopolare le nostre fly-box, perché, altrettanto certamente, siamo vittima di un tabu insuperabile: non riusciamo a disfarci delle precedenti! Questo è il vero motivo per cui, malgrado passiamo parte dell’inverno a razionalizzare il nostro stock, le tasche dei nostri giubbotti straboccano di scatole che straboccano di mosche. Tra l’altro, riguardo alle vostre scatole di mosche vorrei darvi una serie di consigli. Non sopportate le persone che danno consigli non richiesti? Si, è vero, sono proprio antipatiche! Ho scrutato, molto più spesso del consentito, dentro le scatole di occasionali compagni di pesca, ho osservato centinaia di foto su libri e riviste, con la mente libera da pregiudizi ho analizzato anche le mie creature, ed ho notato che tutti, indifferentemente, chi più chi meno, trasferiamo una serie di nostre insicurezze agli artificiali che realizziamo: troppo poco e piccolo nel grande, troppo grande e tanto nel piccolo. Non sto scherzando! Andate subito a prendere le vostre scatole ed apritele tutte, una a fianco all’altra. Osservate il contenuto, sforzandovi di dimenticare sia le catture che in passato avete realizzato con questi modelli sia il tempo impiegato a costruirle. Cercatene i punti deboli. Nessuno???? Ma come, se li vedo io da qui! Eccone cinque che da soli valgono la lettura dell’articolo: 1) Le vostre “esilissime” emergenti in CdC in realtà hanno un corpo molto più grosso e lungo del necessario: provate ad usare molto meno materiale e ricoprite solo poco più della metà dell’amo. 2) Le hackles delle effimere sono un po’ troppe ed un po’ troppo lunghe: quelle spalle di gallo acquistate negli ultimi anni, bellissime all’occhio e comodissime al morsetto, hanno le fibre molto più opache e spesse di quelle provenienti dai colli. Non usatele per queste eteree imitazioni. 3) Le parachutes vanno benissimo. Complimenti! 4) Anche le sedges sono molto belle, peccato che dopo pochi lanci cambino sport: passano inesorabilmente dallo skating al diving. Se le volete far pattinare non risparmiate nei giri di hackles: quelle spalle di cui sopra sembrano fatte apposta. 5) La scatola con mosche da caccia contiene esemplari vergognosamente piccoli: non reggono la schiuma ed il pesce stenta ad individuarli. Anche pescando in torrentelli per trotelle non lesinate sulla taglia: per eccitarle occorre montarle su ami dall’8 al 12. Considerate che il 12 ha lo stesso sex-appeal di una prima di reggiseno. 6) Sono troppe. Il 50% dei modelli li usate molto raramente, un altro 25% non ha mai toccato l’acqua. Lo so, portarsi appresso 5-600 mosche dà molta sicurezza ma il vantaggio finisce lì. Di contro aumenta l’ingombro e si complica la scelta. Per di più molte sono solo doppioni, quelle che provate quando la vostra “prima scelta” non raccoglie l’approvazione delle trote. Non perdete tempo a cambiare mosche su mosche: di solito c’è molto più margine di miglioramento dal nostro lato della lenza che da quello dello mosca!
LA GARA Il tema della serata era: Imitazione di Perla Maxima ed imitazione generica di Formica alata. I concorrenti hanno interpretato i soggetti in maniera elaborata ma pur sempre pensati per l’uso in pesca. A parer mio le imitazioni scaturite sono state tutte di buon livello, proporzionate, galleggianti e, ma qui occorrerebbe un test in acqua, catturanti. E’ il primo anno che, riguardandomele a casa con calma per fotografarle, le avrei messe tutte dentro le mie scatole, senza eccezioni. Credo che la competizione stia crescendo di livello ma non di frequentatori difatti, unica nota negativa, solo sei soci ci si sono cimentati (peccato, se proprio devo fare un appropriamento indebito che almeno sia giustificato anche dalla quantità)
Ecco la classifica ed i premi: 1° Marco Mularo Buono spesa da 120€ 2° Marzio Mambelli Buono spesa da 80€ 3° Marco Sportelli Buono spesa da 40€
|