Pesca e trekking in alto Meduna
(Già pubblicato su fly line)
Marco
Sportelli
Un “…vado a pesca”, detto incautamente in pubblico e scivolate immediatamente a fondo classifica. Se poi lo dite ad alta voce rischiate di perdere delle amicizie o di non essere più invitato in società, a meno che… non siate appena precipitati tutti quanti su di un isola deserta. Nella top ten ci sono golf, sci, tennis… La pesca è posizionata agli ultimi posti, dopo le bocce e poco prima del rubamazzo. A poco vale puntualizzare “pesco a mosca” ormai siete classificati in uno stereotipo preciso. Nell'immaginario collettivo la figura del pescatore è vista come colui che, con sgabello e cestino della merenda, si siede all'ombra di un pioppo ad osservare un bel galleggiante bianco e rosso. E se proprio i vostri interlocutori sono in vena di chiacchiere e di compiacervi, vi si appellano con uno scontato “deve esser proprio bello starsene seduto a riposare in riva al fiume!”. Seduto a riposare!? L'ultima volta che mi son trovato in quella posizione ero piuttosto bagnato e parecchio dolorante. Non ci ho più provato! E’ vero, ci sono posti comodi, in cui basta scendere dall’auto per essere in pesca, come Gacka, Unec, Sava, o che richiedono un minimo impegno per raggiungerli, come Scoltenna, Nera, Natisone. Sono posti magici, che trasudano storia e leggenda, posti che da sempre riempiono i sogni dei PaM, posti che da sempre sogno pieni di PaM. Troppi PaM. Poi ci sono posti molto meno comodi. Deserti ma molto meno comodi. Generalmente non li trovate perché indicati su libri o riviste. Li scoprite da soli, sono le linee azzurre più sottili segnate sulle mappe escursionistiche. Seguendole a ritroso sulla carta, come le venature di una foglia, conducono dai corsi d'acqua principali alla loro sorgente. Perdo ore sulle cartine analizzando in modo sistematico questi piccoli affluenti, immaginandone la fisionomia, pianificando il percorso per raggiungerli, sognando di trovare un giorno intero, un giorno, per risalirli. E perché solo un giorno? Quest’anno voglio fare un passo avanti!
La tenda - Ho comprato una tenda. E’ uno di quei piccoli igloo, leggeri e colorati che mi hanno sempre stupito per la semplicità di montaggio. Non l’ho mai usata e fatico a spiegarmi l’acquisto. Non ho la moto, non faccio trekking e l’ultima volta che sono andato in campeggio un folto ciuffo di capelli mi copriva gli occhi. Esattamente non so cosa farne, però è lì, che mi guarda dallo scaffale come per dirmi: ”…e allora! Si parte? Quando si parte?” Ho letto vari articoli di flyfishing nel wilderness: trekking, cavallo, float trip, elicottero e, tenda. Ma a prescindere dal mezzo di trasporto, il senso, l’essenza, di queste avventure era sempre: “ampi spazi selvaggi e disabitati”. Ho consultato attentamente la cartografia italiana alla ricerca di “ampi spazi selvaggi e disabitati” ma con una densità di 188 abitanti per km2, mi sono reso conto con sgomento che non esiste fiume o lago, sotto i 2000mt, che non abbia una strada a meno di un chilometro di distanza e, campeggiare sotto un pilone dell’autostrada non fa molto wilderness. Però, però, se mai avete guardato con attenzione una cartina del Friuli c’è una cosa che salta agli occhi: un triangolo, delimitato dalle vallate di Meduna e Cellina, in cui il reticolo stradale magicamente si dirada ed i paesi si allontanano. Non indago sul perché ma mi concentro sul dove. Due, tre posti sembrano abbastanza selvaggi ed isolati da meritarsi un avventura, solo uno da giustificare un paio di notti in tenda. Eccolo! E’ il lago di Ca Zul, nel bacino dell’alto Meduna. Visto dal cielo sembra proprio uno scorpione, due immissari fanno da chele, il lago allungato ne è il corpo, l’emissario a forma arcuata è la sua coda e sulla testa, proprio alla congiunzione delle chele, il giusto posto per la tenda. Speriamo che non sia anche pericoloso!
Campo base – Raggiungere il lago è già un avventura. Si lasciano le ultime case ben più a valle e si prosegue sullo stradello di servizio alla diga. Ovviamente occorre ignorare accuratamente i cartelli di divieto di transito ai non addetti ai lavori ma, chi più di un pescatore può appartenere della categoria
degli “ADDETTI AI LAVORI”!? Dopo qualche chilometro la stradina sparisce dentro un “buco” nel monte: una stretta galleria irregolare, scavata nella viva roccia e grondante acqua che potrebbe trovare collocamento a Gardaland, se non fosse per i millecinquecento metri di lunghezza. E' inutile pensarci, è l'unica via di accesso e malgrado la strada sia ricoperta d'acqua non incontrerete ne voragini ne draghi. Subito dopo se ne incontra una identica e si fuoriesce vicino al lago.
Parcheggio l’auto vicino alla diga. Controllo ancora una volta la cartina ed imbocco il sentiero che costeggia il lago. Con lo zaino stracarico e bardato da Giovane Marmotta mi sento come Amundsen in partenza per il Polo Sud. Fortunatamente il percorso è pianeggiante e quindi il tragitto fino al “campo base” più facile del temuto. Non sono mai stato uno sportivo e tanto meno ora che ho scoperto che è antiecologico. Non lo sapevate?! Facendo esercizio fisico le energie bruciate si trasformano in calore, con il conseguente aumento dell’entropia del pianeta. Per non parlare dell’anidride carbonica emessa, responsabile dell’effetto serra. Volete salvare la terra? Sedetevi, buoni-buoni, sotto un albero a leggere un libro! Il livello ancora alto del lago m’impedisce di raggiungere, zaino in spalle, l’unico prato esistente. Fatico non poco a trovare un’alternativa orizzontale per la tenda, e questa è anche la risposta al “perché” questa parte di Friuli sia rimasta da sempre disabitata. E’ un mondo verticale. Malgrado la quota modesta, la diga è a 600m, le Prealpi Carniche si ergono in maniera imbarazzante ai bordi dell’acqua. E’ un mondo di roccia bianca, alberi estremamente motivati, acqua limpida e pura. Monto con cura la tenda e lascio all’interno lo zaino ed i pochi viveri. Ho caffè, spaghetti e panini per un solo giorno. Sono un convinto sostenitore del C&R ma questa gita ho deciso per un eccezione: per massimizzare la leggerezza la portata principale è ancora nell’acqua. Male che vada torno alla civiltà in anticipo.
Sensazioni - Apro la telescopica, annodo una grossa mosca da caccia ed inizio a risalire l’affluente. Mi giro a guardarla un’ultima volta: sembra un giocattolo ma è l’unica certezza che ho nel raggio di molti km. Sono solo, e conscio che per giorni non c’è stato né ci sarà un altro essere umano nei paraggi. Solitudine. Sopravvivenza. Possesso. Forti sensazioni che mi pervadono ma che riuscirò ad elaborare solo più tardi. Un’ esperienza, per quanto semplice e banale, ma che riesce a spezzare tenaci legami alle convenzioni sociali e riannodare atavismi ormai dimenticati. Dopo due giorni di intimo contatto i monti, gli alberi, i pesci sono miei. Solo miei. Ed io sentirò, finalmente, di appartenere solo alla mia pelle (ne serviranno molti di più per ricollegarmi al quotidiano). Ora capisco cosa spinge la gente a far cose ben più folli.
Pesca in torrente - Mi piace esplorare zone per me sconosciute. Come sarà la prossima buca? Ci saranno trote? Troverò un sentiero per il ritorno? Domande che mi accompagnano e mi spronano costantemente. Risalire un torrente, dove la strada asfaltata è ormai un ricordo ed i sentieri tracciati sempre più rari, mi fa sentire come se tornassi un poco indietro nel tempo, e le trote, piccole colorate fario, sembrano sempre più selvatiche. Ne ho seguito qualcuno fino alle sorgenti, in posti incontaminati, dove forte è la sensazione di essere gli unici pescatori mai passati da quelle parti. Immergersi nelle limpide pozze, cercare un varco tra le rocce, scalare le piccole cascate o procedere a carponi in sentieri da cinghiali mi fa tornare ai primordi. Questi momenti "selvaggi" sono miele per l'anima ed i ruscelli senza nome ne sono la sorgente. Hanno un unico difetto: vanno affrontati da soli. Avete notato il drastico calo di catture, anche in un torrente di medie dimensioni, quando lo risalite con un amico? La dove eravate soliti aspettarvene almeno una decina, in coppia si arriva a fatica ad un paio a testa, e piccole per giunta. Per quanto cerchiate di alternarvi, i passi sui sassi, qualche immancabile battuta, ma soprattutto la premura che genera involontariamente un compagno che attende il suo turno alle vostre spalle, riescono a far svanire le trote ancor prima che voi arriviate. Anche da soli, muoversi con alacrità cercando di risalire quanto più torrente possibile e lanciando solo nei punti migliori comporta quasi sempre d'innalzare la soglia di disturbo. Di contro, pescare con attenzione, sasso dopo sasso, tutti i posti che potrebbero celare una trota, tentando di tanto in tanto un lancio lungo, la dove le aspettative di una preda interessante sono più concrete, ci permette d’ingannare diverse trotelle e sorprendere magari qualche pesce più smaliziato. Anche qui lo schema si ripete e due ore ed una decina di trote medio piccole più tardi ne aggancio una bella tra dei macigni. Riesce a riguadagnare la tana ma non la libertà. Lo 0,16 non molla ed a suo malincuore la vedo riemergere dal buio. La guardo con riluttanza, ma, ho letto da qualche parte: “se decidi di tenere dei pesci tieni i primi decenti che ti capitano! Se aspetti qualcosa di meglio finisce sempre che vai a letto a pancia vuota!”
Sera sul lago – Ultima incombenza, la cena. Mentre cucino le malcapitate osservo le bollate serali. Le ore di pesca, le rocce enormi e l’incerto sentiero di ritorno hanno esaurito ogni mia velleità. Mi limito a guardare: il leggero vento che increspava la superficie del lago è ora sfumato in larghe chiazze dorate, interrotte qua e la da piccoli cerchi in rilievo. Bersagli mobili da centrare con una posa precisa. La scena è talmente bella che mi verrebbe da fargli una foto ma, in questo magico momento, non me la sento di guardare il mondo attraverso un obiettivo, nemmeno uno molto caro. E poi lo so già, la pace ed il silenzio non impressionano la pellicola, nemmeno una molto sensibile…
La cena alla luce del fuoco mi ricorda un film Western. La solitudine, a cui non sono abituato ed i leggeri ma inquietanti rumori notturni m’inducono ad un breve dopocena. Sdraiato nel sacco a pelo ripenso ai colori delle trote, a scorci di torrente, la scarpinata, figli, lavoro, John-Wajne… e sono addormentato. Come vado? - se l’ammazzi fai pari - mi dice laconico il mio secondo – torno sul ring ma finisco al tappeto – ho tutte le ossa rotte – per quanto mi sforzi non riesco a rialzarmi ma… ma ora vedo una luce… Il cielo genera il primo tenue chiarore. Generalmente sono pigro ma provateci voi a passare la notte dentro una piccola tenda. No, non voglio dire che si dorma male (si dorme molto peggio). Mettiamola così: ho sempre supposto che noi PaM, con la scusa che di primo mattino non bolla, perdiamo ottime occasioni di pesca ed oggi vorrei definitivamente sfatare questo dogma. Mentre scaldo il caffè m’avvicino al lago. Nell’acqua senza riflessi del mattino s’intravedono pesci a pelo d’acqua. Rimando la colazione per tentare qualche lancio ma ora posso confermarvi che la pesca a mosca è ottima anche di primo mattino. Tuttavia sarebbe molto meglio, se il primo mattino venisse un po’ più tardi nell’arco della giornata. Mica tanto, giusto il tempo per un po’ di dormiveglia e colazione senza puzza di pesce nelle mani! Il cielo è grigio ma le prime macchie d’azzurro bucano le nuvole. Abbandono il lago ed inizio a risalire l’affluente verso un'altra giornata d’assoluta solitudine.
Pesci e sentieri – Il sentiero dalla diga agli immissari, come già detto è discretamente comodo, pianeggiante e richiede circa un ora di cammino. Le sponde ripide, di fatto, impediscono l’accesso all’acqua, ad esclusione della zona prospiciente un piccolo riale ed a quella tra i due affluenti maggiori. Qui, con i livelli pre-estivi, si genera un’estesa zona poco profonda che permette di muoversi in acqua in cerca delle bollate di sporadiche trote e tanti cavedani. Grossi, furbi, ma pur sempre cavedani. Di primo mattino ed a sera si lasciano entrambi tentare da corposi terrestrial. Nei due affluenti è ammessa solo la pesca con esche artificiali senza ardiglione. Come bellezza e pescosità si equivalgono. Siete stanchi delle trote di semina? Cercate pesci selvatici? Eccoli! Ma se valutate il pregio di un posto dalla lunghezza e peso delle catture, ve lo dico subito: qui non è per voi.
Il Canal grande di Meduna, affluente di sinistra, è popolato di Fario dalla bella livrea. Lo si risale in alveo per un paio di chilometri, poi una stretta forra costringe ad una scarpinata esterna. Un sentiero, segnato in maniera alquanto approssimata, ci aiuta per il ritorno evitando le scomode rocce dell’alveo.
Il Canal piccolo di Meduna si immette da destra e con il lago a livelli medio-alti è inaccessibile per un buon tratto. Un sentiero ripido ed impegnativo permette di accedere alla parte alta. Le trote sono forse più piccole ma più numerose e con una sorpresa. La prima che catturo mi lascia perplesso, e per più di un attimo. E’ piccoletta, sfilata. La tenue livrea sembra dipinta ad acquerello da una mano dotata di un inguaribile ottimismo. Le pinne, chiare e ben definite, sono molto più grandi del necessario. Più risalgo, più ne incontro, fino a trovarne la fonte. E’ un rio che s’immette da sinistra. Figlie di qualche immissione nel lago han risalito il torrente principale ed eletto a loro dimora questo piccolo affluente laterale. Qui, come fosse un creek del Nord America, evidentemente hanno trovato l’habitat ideale per prosperare e riprodursi regolarmente. Per la prima volta in ventanni, ammirandone le caratteristiche, non mi sembrano pesci “fuori luogo”! Sono Iridee selvatiche.
Tenetevi margine per il ritorno, anche questo sentiero è appena visibile e corre alto sul torrente, tagliando versanti ripidissimi. Sottolineo che per muoversi con tranquillità gli scarponi con il fondo di gomma ed una dettagliata cartina escursionistica sono indispensabili. Al ritorno serale intravedere da quassù l’acqua calma del lago e quindi la mia tendina, pur nella sua inconsistenza, mi scalda il cuore. In entrambi i torrenti hanno funzionato a dovere grosse mosche da caccia e, ammetto a malavoglia, le mie amate Royal Coachman Parachute sono state surclassate dalle Chernobyl Ant. Nelle buche più profonde invece grosse Stonefly fatte scivolare e saltellare sulla superficie convincevano le trote più belle a fuoriuscire dalle loro tane.
Val Tramotina – Il Meduna fuoriesce dal lago di Ca Zul con una portata minima ma poi, grazie all’apporto di vari affluenti, ritorna interessante per la pesca a mosca. Se non siete per le cose estreme ma amate la vita all’aria aperta, a Tramonti di Sotto esiste un bel campeggio posizionato proprio sulle sponde del Meduna. Il fiume in questo tratto, esattamente dal lago di Redona a risalire fino al torrente Viellia, scorre con una discreta portata tra bianchi ghiareti ed è popolato da fario e numerosi temoli. A monte dell’affluente la portata si riduce, la vallata si restringe ed assume la conformazione a buche tipica del torrente. L’offerta di acque da trote è completata dai vari laterali di cui Chiarzò, Chiarchia, Tarcenò, Rio Gamberi e parte dello stesso Meduna sono riservati alle sole esche artificiali.
Con tanti fiumi comodi e ben popolati, sulle cui rive ci sono confortevoli alberghi, andare a pesca in tenda è sicuramente una cosa senza senso. Ma è qualcosa che andrebbe fatto di tanto in tanto, giusto perché è una facile avventura. Se si continua ad evitare di fare cose un po’ pazze si perde il sale della vita. Se diventerete vecchi, acidi e noiosi, senza saperne il motivo, sarà perché non avete mai pescato con gli scarponi da trekking ed uno zaino sulle spalle!
Attrezzatura da trekking
Se non siete esperti trekker queste brevi considerazioni vi aiuteranno nell’equipaggiarvi.
Zaino – Considerando 2-3 giorni di provviste più il necessario per dormire optate per un 50-60lt
Tenda - Si trovano da tutti i prezzi, dai 2 ai 3,5 kg di peso. Accertatevi che il telo esterno sia alluminato, in alternativa portatevi la mascherina da notte o svegliatevi alle 5 di mattina.
Materassino - Autogonfiabile o stuoino in gomma riescono entrambi a svolgere dignitosamente il loro lavoro: un mal di schiena terribile.
Sacco a pelo – indispensabile anche in estate
Cucina – si trovano dei kit da trekking completi di pentola, padella, tegamino, piatti e fornello, tutti in alluminio ed inseribili uno dentro l’altro.
Viveri – Spaghetti, aglio, olio, tonno, caffè, un salame ed un po’ di formaggio, abbinati ad una bella pagnotta vi permetteranno di sopravvivere ai mostruosi appetiti generati dalla vita in “plen air”. Per calarsi maggiormente nell’atmosfera Western non dovrebbero mancare un paio di scatole di fagioli ma, come ho già detto, sono un ecologista ed è risaputo quanto l’ozono sia sensibile oltre che ai CFC anche ai gas organici.
Varie - un ricambio completo, scarpe leggere, impermeabile, accendino, coltello multiuso e lampada completano il carico.
Pesca – Oltre ad una canna 4-pezzi o telescopica vi basta una scatola di mosche da caccia ed un rotolo di filo.
Stivali - La soluzione migliore è possedere un paio di cosciali stocking-foot e scarponcini con fondo in gomma. Aggiungendo un calzare in neoprene potete utilizzare gli scarponi da soli ed indossare i cosciali solo giunti in acqua.
Permessi di pesca – Punti di rilascio - Varie
Per pescare in FVG è necessario il permesso di pesca valido per tutte le acque della regione. Per ottenerlo occorre presentarsi in un punto di rilascio con la licenza di pesca ed un versamento a doppia ricevuta sul c.c.p. n.207332 intestato a: Ente Tutela Pesca F.V.G. - Servizio tesoreria - Via Colugna 3 - 33100 Udine e la causale da indicare sarà "Autorizzazione di tipo ...... Anno ......"
Gli importi per l’anno 2005 sono: Annuale € 121 – mensile € 66 – settimanale €39 – giornaliera € 17
Punti di rilascio in zona:
Maggiori dettagli od informazioni li potete reperire sul sito ETP www.entetutelapesca.it o telefonando allo 0432 551211
Il campeggio a Tramonti di sotto è il Camping Valtramontina e risponde allo 0427869004
I cosciali stocking-foot e gli scarponcini da wading con fondo in gomma li potete trovare da (www. Cabelas.com)
Consigli su una buona meta “selvaggia e disabitata” in cui ripetere l’esperienza me li potete inviare a marco.sportelli6@tin.it