Micro torrenti
(Già pubblicato su FlyLine)
Marco Sportelli
5,30
Sveglia presto per arrivare in zona di pesca prima del sorgere del sole. Sulla
macchina c’è ad attendermi, come al solito, il gatto nero della vicina che si
allontana infastidito dalla sveglia mattutina. Ha pernottato sul mio cofano,
si sente, ma ha avuto la buon'idea di dileguarsi al mio arrivo. La simpatia
che nutro verso i gatti la posso quantificare confessandovi l'idea che mi
assale ogni volta che lo vedo: "Ci si farebbero dei fantastici Black
Zonkers!".
Destinazione un riale secondario, raggiungibile, sapendo della sua esistenza, dopo quasi un'ora di cammino dall’ultimo accesso stradale, parte su di un sentiero e parte lungo il greto del ramo principale.
Ed è proprio qui, in quest'ultimo tratto,
che mi aspetta una sorpresa.
Da lontano, nella luce incerta del mattino, lo
scambio per una grossa roccia, poi man mano mi avvicino e con stupore mi rendo
conto della sua essenza. E' in mezzo al torrente, con la testa coperta
dall'acqua ed il palco di corna che affiora. Forse un Cervo, forse un Daino,
non ho mai imparato a riconoscere questi animali. Insomma questo “forse”
con le corna è li, nella sua immobile bellezza resa ancor più affascinante
dalla cruda scena di sangue. Scatto un paio di foto e gli sollevo la testa per
queste appendici che al tatto sembrano velluto. Sul collo sono evidenti
profonde incisioni, la pancia è aperta e gli intestini fuoriescono, mi guardo
attorno ed anche in acqua posso vedere i segni della lotta, lasciati là dove
zoccoli ed artigli hanno rimosso la leggera patina algale.
Solo
ora comprendo che è stato vittima di un predatore, predatore che se ha avuto
buon partito con questa preda più grossa ed agile di me potrebbe non farsi poi
tanti scrupoli. Con terrore realizzo, anche, che il sangue è rosso ed ancora
liquido: il mio arrivo ha dunque interrotto un "lavoro in corso". La scarica
d'adrenalina conseguente è sufficiente a farmi risalire i successivi 300mt di
torrente a tempo di record.
Per
chi, come me, non disdegna di tanto in tanto estraniarsi qualche ora dal mondo
le opportunità in Appennino non mancano. Abbiamo ormai antropizzato,
cementificato, captato gran parte delle nostre vallate ma se vogliamo cercare
zone di natura incontaminata possiamo salire più in alto, là dove l'abbandono
rurale è stato completo e la
natura
inospitale ha fatto il resto. Questo purtroppo significa dimenticarsi i fiumi
e torrenti principali con i loro facili accesi e comodi spazi di lancio per
dedicare la nostra attenzione ai ruscelli secondari che scendono da boschi
ritornati ormai dominio degli animali.
Sapevo del ritorno del lupo in Appennino, reso possibile dall'aumento esponenziale di ungulati, ma non credevo di poterne mai trovare prova tangibile, finora mi ero guardato solo da vipere e zecche unici spauracchi per un solitario amante di questi luoghi isolati.
Smaltita l'adrenalina il silenzio e la tranquillità del posto mi riportano rapidamente alla calma. Ancora pochi minuti ed ecco, finalmente, l'affluente che cercavo. Il suo apporto contribuisce per un terzo alla portata del torrente ma le grosse pietre poste alla confluenza e la fitta vegetazione ne mascherano il suo vero aspetto, lasciandolo apparire trascurabile. E' uno di quei ruscelli che non compaiono neanche sulla carta ittica, seppure, saltuariamente, qualcuno sia riuscito a portare avannotti fino alle sorgenti. Se ne parla sottovoce, guardandosi alle spalle, come dell'odioso capoufficio o dell'amante della barista.
Dopo i primi metri, ripidi ed invasi dalla vegetazione, il gradiente diminuisce, ed in un alternarsi di salti d'acqua, buchette, grosse rocce, lo si può risalire fino alle sue origini.
Il
posto giusto è importante ma in realtà non è tutto, di posti come questo ne
esistono tanti, in tutt'Italia, sono i torrentelli, ormai dimenticati, dei
vecchi pescatori locali, quando un cesto di trote significava proteine e
quindi si era disposti a sudarsele. Oggi i cittadini che vanno a trote
si limitano alle zone regolamentate e ripopolate poste più a valle, i locali
sono sempre meno ed appena possono la loro scorta di proteine la fanno
all'ipermercato, in città. Nuovi spazi di ritrovata verginità si sono creati
per chi, stanco dei pesci ammaestrati nelle zone No Kill o del pronto pesca, è
disposto ad una scarpinata alla ricerca di queste piccole coloratissime prede.
Frequentare queste acque richiede un po' di pratica, la pesca a mosca è vicina al suo limite e se non si affrontano con la giusta tecnica è facile tornare scornati. Praticando abitualmente questi ambienti ho maturato una serie di abitudini e convincimenti che possono facilitare e rendere più sicuro il loro approccio.
Dove Cercare questi rami laterali su di una cartina è un buon inizio ma non basta. Occorre difatti che mantengano una portata decente anche in estate, ma soprattutto che siano stati oggetto in passato di semine di uova od avannotti nella parte alta. Quanto sopra potrà sembrare strano, ma vi garantisco che molti dei nostri riali sarebbero popolati solo da gamberi se qualcuno non avesse provveduto a ciò. Sono troppo ricchi di ostacoli invalicabili per permettere il movimento del pesce lungo l'alveo ed i nuovi nati possono trovare spazio solo verso valle. Lasciando fare alla natura, il limite di espansione verso monte, per mortalità, od in seguito a piene improvvise, tenderebbe ad abbassarsi di anno in anno.
La
dritta su questi "fossi" la si ha da amici in vena di confidenze (di solito
perché non li praticano più) oppure, se avete voglia di investire qualche ora
del vostro tempo, potete mettervi in contatto con le Guardie Ittiche,
chiedendo di partecipare alle semine di avannotti. I volontari sono sempre ben
accetti e con un paio di giorni all'anno di lavoro oltre a far amicizia con
persone dalla grande passione verrete a conoscenza di tutti i veri posti da
trote della vostra zona e come raggiungerne i tratti più interessanti.
Non si accede mai a questi ambienti in compagnia, "la solitudine è parte dell'esperienza", ma questo implica dei rischi. Generalmente dobbiamo percorrere un buon tratto a piedi prima di arrivare in zona e più ancora durante la pesca, risalendo il torrente tra rami, rocce scivolose e passaggi difficili. Le conseguenze di una storta od una contusione a qualche chilometro dall'auto possono essere sgradevoli. Se sapete gia la meta del vostro itinerario lasciate un biglietto a casa, con il nome del posto ed il numero di telefono di un compagno di pesca che lo conosce. Se l'ora non è folle chiamatelo pure: " Ciao, vado al fosso del… ti richiamo stasera per dirti com'è andata."
Non vorrei preoccuparvi, possono essere precauzioni eccessive, diciamo che non è più pericoloso che andare a funghi fuori stagione, ma passare una notte all'addiaccio credo non piaccia a nessuno.
Attrezzatura Deve essere ridotta al minimo per lasciarvi leggeri e liberi nei movimenti, del resto un rotolo di filo ed una scatola di mosche sono più che sufficienti per tutta la giornata di pesca. Nelle tasche del giubbotto rimasto desolatamente vuoto possono trovar spazio questi accessori:
- Una piccola torcia elettrica, in caso che il buio vi sorprenda sulla strada del ritorno.
- Il cellulare. Anche se è impossibile avere segnale dentro la vallata può darsi che se siete in difficoltà e riuscite a risalire una parte del crinale troviate copertura.
- Un piccolo impermeabile pieghevole.
- Un coltello a lama fissa. Just in case.
Un
altra cosa che non dimentico mai di portare con me è la forbice da potatore.
Quella che ho comprato è leggera, economica e con un bel manico rosso che mi
permette di ritrovarla ogni volta che mi cade. La trovo indispensabile quando
risalendo il torrente devo affrontare un roveto o quando voglio eliminare quel
maledetto rampicante che scende proprio nell'unico spazio libero per lanciare.
A volte nei miei posti preferiti mi sento come un giardiniere, accorcio un
ramo, sposto una radice, elimino quella frasca caduta al centro della pozza,
sapendo che quando tornerò l'azione di pesca sarà un po' più agevole ed il
posto un po' più mio.
Gli stivali alla coscia sono più che sufficienti e se non avete un conto in sospeso con i vostri reumatismi, nella bella stagione, indossare solo gli scarponcini da montagna e pescare a piede bagnato è un piacere da provare.
I pantaloni di tela robusta, la camicia a manica lunga, un paio di occhiali avvolgenti ed un berretto in testa sono d'obbligo. Non vi garantiscono ma di certo vi tutelano molto contro rami, spini e le insidiosissime zecche. Quest'ultime sono in esplosione demografica in parallelo con i grandi animali del bosco e vi consiglio, durante la doccia serale, di accertarvi con attenzione di non avere ospiti indesiderati
Un discorso a parte merita la canna. Per riuscire a praticare con profitto questi posti ristretti ed infrascati occorre un attrezzo molto versatile che sia in grado di adattarsi a varie esigenze. E cosa meglio di una teleregolabile? Sul mercato se ne trovano di vari modelli. Quella da me autocostruita (vedi dettagli in Riali & Ruscelli F.L. 1-2001), per esempio, può essere bloccata in tre posizioni, da 5.8 a 8.8 piedi e permette sia di volteggiare in spazi angusti ma anche, una volta allungata, di eseguire dei notevoli lanci a balestra. Dovrà essere morbida, poco potente (max. coda 3/4) e chiusa occupare poco spazio, in modo da non intralciare duranti i passaggi più impegnativi.
La coda da abbinare sarà del numero massimo ammesso dalla canna al fine di caricarla anche con pochissimi metri di linea fuori. Un finale da 180-200cm. è più che sufficiente
Ah, dimenticavo. Lasciate nel primo nodo del sangue un baffo non tagliato, questo impedirà alla vostra cortissima lenza, durante l'azione di pesca, di rientrare involontariamente dentro agli anelli, fino alla mosca. Di contrattempi ed impigli ne avrete fin troppi, questo almeno risparmiatevelo
Tecnica
di pesca La pesca quassù è fatta più di passione e poesia che vera
tecnica. I virtuosismi di lancio, che hanno la loro massima espressione
nei torrenti più a valle, non trovano applicazione, non di meno però, come del
resto in ogni tipo di ambiente ci capiti di pescare, riuscire a posare la
mosca dove e come vogliamo è già gran parte dell'opera.
Se, come me, non siete mai stati dei maghi del loop posso rivelarvi un semplice stratagemma che vi trasformerà in pescatori pienamente soddisfatti della vostra abilità.
Qual'è?
Abbassate smodatamente i vostri standard di autovalutazione! (Non ridete, io l'ho già fatto e sono diventato un pescatore felice)
Il volteggio, nei pochi posti in cui è possibile, sarà laterale ed a sfiorare l'acqua, dove la copertura non è troppo bassa il rollè ci permette qualche facile lancio, ma la parte preponderante delle situazioni sarà da affrontare con precisi lanci a balestra. Questo lancio è estremamente semplice ed intuitivo fino a quando il bersaglio è entro i 4-5 metri di distanza ma necessita di qualche accorgimento se si vuole portare l'insidia ad una distanza doppia.
Questi i punti principali: impugnate
saldamente la canna con il pollice sopra, prendete tra pollice ed indice della
mano sinistra le ali dell'artificiale, ora raccogliete in una o due spire il
finale e la parte di coda necessaria al lancio bloccandole assieme alla mosca,
tenendo la canna bassa e puntata verso il bersaglio estendete al massimo il
braccio destro mettendo al contempo in parziale trazione la coda, arretrate
velocemente la mano sinistra fin sopra la spalla e mollate di colpo, lasciate
che la canna si abbassi per il contraccolpo e solo a questo punto riportatela
velocemente in orizzontale: o vi si infila la mosca in un dito o riuscirete
a posarla con precisione a 8-10 metri di distanza.
Cercare la distanza in questi spazi angusti può sembrare inutile ma frequentando ripetutamente gli stessi posti ho notato che le più belle trote, bene che andasse, si riuscivano ad intravedere da lontano ma giunti a distanza di lancio erano già dileguate.
Sapere di essere gli unici pescatori, su di un torrentello più lungo delle ore che abbiamo a disposizione per risalirlo, spesso induce ad un altro errore: la fretta. La tentazione di provare solo le buche migliori alla ricerca dei pesci più grossi è alta, ma ciò comporta inevitabilmente spostamenti più rumorosi e la fuga del pesce. Risalirlo passo dopo passo, pescarlo sasso dopo sasso, tentare trota dopo trota, ci permette invece di entrare in empatia con l’ambiente ed i suoi abitanti. Ci lascia il tempo di armonizzare con il paesaggio, individuare tane inaspettate, vedere saltuarie bollate e, magari, cogliere finalmente la “vecchia” di sorpresa!
Mosche Per queste acque minori
prediligo la mosca secca. Utilizzo esclusivamente delle Royal Coachman
Parachute ma qualsiasi altro artificiale da caccia riscuote l'approvazione di
queste trote perennemente affamate. La mia scelta è di carattere pratico: le
ali bianche sono molto visibili, il montaggio parachute non attorciglia il
finale ed infine, agli occhi del pesce, la vistosa riga rossa riesce
immediatamente a differenziarla dagli inerti che trasporta abitualmente la
corrente. Non sempre riusciremo a posarle nella finestra del pesce, ma
utilizzando artificiali voluminosi, che cadendo in acqua generino un misurato
disturbo sonoro, saremo in grado di attirare l'attenzione anche delle trote
nei paraggi. L'importante è la taglia. Devono essere grandi, molto grandi e
corpose. Vi consiglio un amo 8 con acqua alta per poi scendere fino al 12 in
estate.
Ami
così grossi non solo sono produttivi, ma permettono al meglio di praticare il
C&R. Basta difatti ferrare morbidamente alla salita del pesce e, dopo i primi
strattoni che ufficializzando la cattura soddisfano il nostro ego, lasciare in
bando la lenza per ottenere nella maggioranza dei casi lo sgancio spontaneo
della preda (del resto credo che nessuno si esalti nella lotta con pesciotti
da 20-25cm).
La pesca con la ninfa evito di menzionarla: la secca è già tanto produttiva e per giunta una ninfa tenderebbe ad impigliarsi dappertutto. Ma io non faccio testo, sono prevenuto, anche quando frequento altri ambienti la scatola delle ninfe è per me come il Modello 730: gira tutti i cassetti della scrivania per un mese, ma riesco a prenderlo seriamente in considerazione solo il giorno prima della scadenza.
Prede
Aspettatevi piccoli pesci. Trote da 20-25cm sono la media, un pesce di
trenta va già segnato sull'agenda. Misurare il pesce, tuttavia, raramente
misura l'esperienza della loro cattura e quando riuscite a piazzare la vostra
mosca in un posto che ritenevate impossibile ed una di queste bellissime
trotelle selvagge e colorate vi premia con una franca salita…Bingo! E' come
aver arpionato la Balena Bianca.
Rimarcare il fatto che il No Kill è d'obbligo è inutile, ormai siamo talmente permeati dagli strani concetti dell'etica PaM che mentre non troviamo niente di strano ad infilzare i pesci con un amo e trascinarli fuori dall'acqua, non vorremmo mai e poi mai commettere il crimine di ucciderne e mangiarne realmente uno.
Sul C&R vorrei solo aggiungere una considerazione personale, di più ampio respiro: ma se funziona a meraviglia con il pesce, non potrebbe funzionare altrettanto bene con le donne?
I fiumi che scendono dalle nostre vallate sono battuti, pescate la parte basse, più accessibili, e troverete compagnia, ma optate per la parte alta, specialmente a fine primavera ed avrete un assaggio dell'Appennino solitario e selvaggio: scoiattoli, fiori di ginestra, caprioli…ma non fatevi distrarre troppo da questi romanticismi, questi sono posti da trote e voi siete qui per catturarle. Così cattura dopo cattura, curva dopo curva, la giornata passa, il ruscello diventa riale e poi fosso. Non preoccupatevi per il ritorno c'è sempre un vecchio sentiero che correndo a mezza costa vi riconduce a valle. Verificatelo su di una cartina escursionistica e per prudenza tenetevi sempre un’ora di luce per il ritorno.
Da come mi fischiano le orecchie, sto pensando che avete finalmente smesso di pescare e state risalendo il pendio, alla ricerca del sentiero. Si è vero, ho scherzato, non sempre sono a mezza costa, spesso sono più sù.
Se siete di città ed il cambiare la carta alla stampante dell'ufficio già lo considerate un gesto atletico, questa arrampicata vi toglierà fino all'ultimo respiro, facendovi maledire la pesca e giurare a voi stessi di non tornarci mai più.
OK, ancora uno sforzo e siete arrivati. Prendete fiato un attimo ed ammirate il panorama: siete in cima ad un crinale, su di un sentiero tracciato in tempi remoti, circondati dalla calma più assoluta e da boschi a perdita d'occhio. Qui vi sentite padroni della vostra vita.
Ci tornerete, eccome se ci tornerete!