La ThoPa (già pubblicato su Flyline) Marco Sportelli
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Il requisito fondamentale che deve possedere un’imitazione artificiale è la fiducia. La nostra fiducia. Negli anni ho costruito ed alloggiato nelle mie flybox di tutto. Modelli classici, alternativi, innovativi, differenti come materiali, filosofia o tipologia costruttiva. Certi non hanno mai toccato l’acqua, altri solo in casi tanto disperati da segnarne automaticamente il destino. Ogni inverno però ho il buonsenso di “togliere dalle scatole” quelli mai usati durante la stagione, ma non tutti. Certi, condannati a perenne purgatorio, vi soggiornano per anni. Sono quei modelli troppo famosi o concettualmente troppo arguti per essere eliminati, quei modelli che so di dover avere con me, anche se in realtà non ho nessuna intenzione di usare. Tra questi c’erano le Thorax. Ci sono cose che si rendono evidenti solo in seguito a determinati eventi. Lo scorso anno ho assistito in rapida successione a due schiuse d’effimera in cui i pesci prediligevano le dun in movimento sul pelo dell’acqua. Le mie imitazioni, per quanto esili e leggere, sembravano sempre troppo “nell’acqua” per essere prese in seria considerazione. Furono due esperienze frustanti, di quelle in cui ti convinci di non essere così bravo come credi. Tornai a casa sconfitto ma determinato: mi servivano artificiali talmente eterei e vaporosi da fluttuare sopra il pelo dell’acqua. Sperimentai. I risultati visti al morsetto non erano male, potevano funzionare. Tornai al fiume pieno d’attese ma i miei prototipi, solo per essersi spostati dal morsetto, dove prevale il sogno, al fiume, dove ci si scontra con la realtà, ora sembravano molto meno credibili. Ad ogni modo li testai uno ad uno. Qualcuno cadde di lato, altri attorcigliarono il finale, ma soprattutto nessuno si dimostrò particolarmente efficace, a conferma che non è facile inventare qualcosa. Oh, si, qualche pesce disposto a salire si trova sempre, ma da qui a dire che una mosca funziona, beh, ne passa! Una sera di lavoro andata in fumo. Sbirciai nella scatola delle mosche, l’ovvio l’avevo già provato i giorni scorsi, ora dovevo passare all’inusuale e queste Thorax mi sembrarono come schedine precompilate: non ci credi ma potenzialmente potresti anche far tredici. Fu una sorpresa vederle galleggiare, alte sull’acqua, sempre in posizione corretta, visibili nonostante la tenue tonalità e, gran meraviglia, sparire all’improvviso. Prima di sera, una bella serie di trote e qualche temolo riuscirono ad aggiungere a questo artificiale l’ingrediente che gli mancava: la mia incondizionata fiducia. Ne costruii qualche modello identico e, vizio insanabile di noi moschisti, ne realizzai qualche esemplare leggermente modificato. L’idea era di mantenerne le caratteristiche principali: code a “V”, corpo leggero ed ali a centro amo, ma aumentare la base d’appoggio delle hackles. Vi propongo la variante che n’è scaturita e che lo scorso anno in più occasioni ha fatto la differenza. Il montaggio è semplice, eccolo nel dettaglio. Ricopro con filo di montaggio il gambo dell’amo procedendo un po’ oltre la curva. Torno indietro di qualche giro e fisso sei fibre di gallo lunghe due volte il gambo dell’amo (1). Per aprire le code a “V” in maniera semplicissima eseguo un passaggio ad “otto” come nei disegni (2-3). Non so perché ma si aprono. Esagerate: un angolo di 90° tra le due code è perfetto. Nello stesso punto fisso un'hackles di gallo con le fibre lunghe quasi il doppio dell’apertura dell’amo e la punta di qualche fibra di coda di fagiano (4). Risalgo a metà gambo, prendo un ciuffetto di fibre di CdC, lo blocco al centro con tre giri di filo, sollevo con le dita entrambe le estremità e le tengo in verticale. Con il bobinatore nell’altra mano eseguo due giri orizzontali attorno al CdC, come se dovessi avvolgere una parachute(5). Ora il ciuffo di CdC è perfettamente compatto e verticale. Per evitare che intralci i successivi passaggi lo bagno con la saliva e lo taglio a misura. Risalgo con il filo fino all’occhiello, avvolgo il fagiano su tutto il gambo dell’amo e lo blocco in quel punto (6). Taglio l’eccesso e torno con il filo subito davanti alle ali. Avvolgo l’hackles a palmer: di solito eseguo due giri sul corpo, uno dietro le ali ed uno subito davanti. Blocco in quel punto il gallo con due giri di filo, torno all’occhiello e completo con il nodo di chiusura (7). Facile, vero? Ora provatela in acqua. E’ leggera ed eterea. Per funzionare però ha bisogno di essere sempre perfettamente asciutta. Mi sono convinto che la sua efficacia sia legata al dragaggio. Mi spiego, è difficilissimo riuscire ad evitarlo completamente, con finali lunghi e lanci studiati si riesce a contenerlo ma raramente ad eliminarlo. Le trote però hanno l’abitudine di predare anche i naturali che si muovono sopra il pelo dell’acqua, per loro è normale, purché siano come i naturali: “sopra il pelo dell’acqua”. Questo montaggio ci riesce. No, non galleggia con la punta delle hackles appoggiata sulla pellicola superficiale, come succede unicamente alle mosche fotografate in studio, ma cade sempre perfettamente in piedi e le code, più lunghe ed aperte del normale, e le lunghe e rade hackles riescono perlomeno a tenere il corpo fuori dell’acqua. Spesso è aggredita in plateale dragaggio ma più generalmente il pesce l’afferra mentre scende immobile (ai nostri occhi) la corrente. Ovviamente se il pesce è focalizzato sulle emergenti non funziona. Seppure il modello sia figlio di una banale modifica di una thorax guardandola bene assomiglia molto ad una AK 47. Di questa ha leggerezza e galleggiabilità, con corpo più definito e code a “V” che ne migliorano sostentamento e bilanciamento. Rispetto ad un’AK 47 il montaggio delle ali è più semplice, quello delle code un po’ più brigoso. Anche la costruzione di un’AK 47 ve la posso spiegare dettagliatamente, ma se siete abbonati a flyline credo sia molto più di quello che desiderate sapere. Siete felici perché avete costruito una mosca facile? Rilassati perché fare il nodo di chiusura lontano da ali ed hackles è un gioco da ragazzi? Entusiasti perché galleggia bene, prende il pesce e da quando avete provato la Thopa non ne potete più fare a meno? Beh, se mi volete mandare gli Auguri a Natale chiedete pure l’indirizzo in redazione! |
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