Chi ha mai detto che il cappotto a Febbraio è fuori stagione?

Davide Valmorri

 

 

Premessa….

Innegabile la nostalgia delle sponde del fiume, suoni, colori e profumi che mi portano lontano, in una dimensione di beata serenità. Niente di nuovo per tutti quelli che hanno una passione nel cuore, l’alpinista sogna le vette, il ciclista strade vuote e immerse nel verde, il velista “ascolta” l’aria dal porto attendendo l’attimo per spiegare le vele. Così mi capita, ci capita, che dopo mesi che sembrano un’eternità di pausa forzata, non vediamo l’ora di andare a girovagare per i declivi erbosi che scendono verso un nastro liquido chiamato fiume, torrente, riale. 

Racconto

Come tutte le settimane, complice una stagione eccezionalmente mite per i primi giorni di Febbraio, scambio con il mio compare di pesca una valanga di sms monotematici, del tipo “….quando iniziamo ad uscire a pesca…?” oppure “….li hai un paio di giorni per un’uscita?……”. Come và a finire già lo so, basta che ad Ago scriva le parole magiche “mosche, fiume, pesca”,  e lui ha canne e nuove mosche già in macchina  pronte a partire. Già, facile, ma il problema è sempre lo stesso: dove andiamo se a Febbraio i fiumi da trote e temoli sono ancora chiusi??? Presto detto, il primo che apre è l’Adige ed io sinceramente sono almeno un paio d’anni che ci torno. Vi risparmio il solito rito della ricerca delle informazioni, che tutti ben conoscono, ma una cosa ve la voglio dire. Ho scritto e-mail alle tre associazioni che gestiscono il tratto d’Adige da Verona al Brennero e solo l’APPV mi ha risposto velocissimamente e precisamente. Dalle altre due, dopo quindici giorni dalla nostra uscita, ancora aspetto risposta. Non mi esprimono in merito ai forum dei più blasonati siti di pesca a mosca italiani che tutti ben conoscono, era molto tempo che non li leggevo e vi giuro che non sprecherò tempo e denaro a consultarli nuovamente. Semplicemente perché sono diventati spazi per sfoghi di pescatori frustrati e null’altro. Alla fine doveva succedere. A farla breve alle 7.20 di lunedì 13 Febbraio sono a Vecchiazzano a prelevare il mio compare che, come vi dicevo prima, è pronto sulla porta con armi e bagagli con l’espressione classica del “…sei sempre in ritardo…”. In realtà l’appuntamento era per le 7.15 ma se ad Ago dai un orario è sempre meglio arrivare 10 minuti prima.

Si parte, ma senza fretta. Abbiamo in programma di entrare in pesca tra le 10 e le 11, quindi c’è tutto il tempo. Come spesso ci capita, durante il viaggio non sempre parliamo di pesca, forse per esorcizzare la tensione che ci pervade o semplicemente perché, da amici che non sempre si vedono, ci prendiamo il tempo di parlare di famiglia, lavoro, ricordi… L’asfalto vola,  la giornata è splendida (tranne Mantova dove la nebbia è DOC)… e già si vede l’Adige. E’ bello da far paura, come spesso in questa stagione: livelli bassi ed acqua strepitosa tra il verde e l’azzurro, tutte le sfumature intermedie comprese. Di colpo parliamo solo di pesca e di dove tentare la sorte. Decidiamo per la zona trofeo, a valle della diga di Mori. Perciò usciamo ad Ala e procediamo in direzione Rovereto, lungo la statale dove troviamo l’hotel “Zugna” in cui contiamo di fare i permessi e, se tutto và bene, pernottare. Ve lo consiglio, due ragazzi gentilissimi ci accolgono e ci danno qualche info. Non sono pescatori, ma ci dicono che un gruppo di Modena è rimasto da loro tre o quattro giorni la settimana scorsa. Sembra una buona notizia… O no?! In un attimo c’impossessiamo di permessi e panini e siamo già in direzione ponte dell’ex Montecatini, inizio della zona trofeo. Scesi al fiume, possiamo sicuramente confermate i pronostici fatti dall’auto un’ora fa: acqua e livelli  da voto 10; per altro al sole siamo già oltre gli 8 gradi, “e che cacchio volete di più??” Si comincia. Ago a galla, mi pare con una sua parachutina, mentre io, con una ninfa non molto piombata, provo i margini della corrente. Dopo un’oretta che vario pose,  passaggi, profondità e ninfe ancora non ho sentito il tocco, allora, come sempre, mi sorprendo a pensare: “…non ho ancora preso… ma dove son sti pesci… con queste condizioni…” come se bastasse lanciare un diavolo in acqua per prenderne uno. Pivello, sono ancora un pivello, dopo anni non ho ancora accettato il fatto che la matematica e la pesca sono scienze opposte. Poco male, abbiamo tutto il giorno e vedrai che prima o poi…. So che il mio socio pensa le stesse cose. Lo vedo da come lancia, da quante mosche cambia e dalle cagate che dice quando c’incrociamo, alternandoci, nella discesa del tratto a venti passi uno dall’altro. Le prime due ore passano così, con una mole di lanci degna di un allenamento in palestra e altrettanta scuola di nodi e finali, ma di pesci né l’ombra né il tiro. Scendiamo, lanciamo, sondiamo, e non prendiamo. S’inizia a vedere piccoli esseri volanti passare sull’acqua e schiudere, ma bollate ZERO. Ci prendiamo qualche pausa, una per la verità imposta dal cedimento di una lastra di ghiaccio che sembrava solidissima… Ma boia!!!!, solo io, con l’obbligo di pescare a piede asciutto, riesco a cadere in acqua e bagnarmi fino al ginocchio!!! Vado in macchina mi cambio e cambio canna. Passo dalla 8”#5 alla 9”#6. Voglio provare ninfe più pesanti e lanci più lunghi (la regola del pesce che sta sempre sulla sponda opposta alla tua, questa si, è una legge matematica) ma neanche così ottengo risultati. Il mio compare idem, allora, in macchina, ci spostiamo a valle di un chilometro. Sulla sponda opposta notiamo una lunga e profonda piana che c’ispira. Ve lo devo dire??? Niente di niente: le nostre emergenti, ninfe, streamer sono le uniche cose in movimento. Se alla mattina la giornata sembrava così lunga, ora sono già le 17 e scornati torniamo in macchina. C’è un’altra cosa che non ho ancora imparato: dopo una giornata cosi ci mettiamo a valutare sulla cartina le possibili alternative. Le consideriamo tutte, tra le altre quella di salire fino a Molveno per pescare a spinning nell’omonimo lago. Per fortuna, tornati in possesso delle facoltà mentali, decidiamo di pernottare all’hotel “Città di Ala” per provare le due zone più a valle l’indomani. Dopo una breve pennichella usciamo alla volta dell’abituale pizzeria in centro paese, che non troviamo ma, come dico con Ago, a me capita spesso che cercando un posto dove mangiare nove volte su dieci per sbaglio capito in posti da urlo. Lui non ci crede mentre adocchiamo l’ingresso un po’ anonimo di un’osteria. Ceniamo lautamente in un locale splendido, deserto e… non vi dico altro, se non il nome del locale: Pub Trattoria Caminetto tel. 0464/670573 chiuso la Domenica. Se siete in zona andateci di corsa, mi ringrazierete.

Il dopo cena si esaurisce in fretta, torniamo in albergo e ci beviamo una grappa guardando “Matrix Reloaded”. Ago alle 21.30 russa come un rinoceronte, io reggo solo un’oretta in più.

Quando riapro gli occhi sono le 7.00 e Ago è di nuovo davanti alla TV. Per fortuna ce la dovevamo prendere con calma. Usciamo per andare a far colazione al bar Amicizia (quello dei permessi) dove il simpatico gestore ci dice che l’unica zona dove si è preso è più a valle del no-kill di Borghetto, a spinning con artificiali medio grandi. Tra le ciance ci dice anche che i pescatori locali sono molto incazzati per via del progetto mormorata portato avanti dalle associazioni locali. Sembra che da un paio d’anni non siano fatti ripopolamenti né d’adulti né d’avannotti, se non di mormorate appunto, e la pesca in termini di catture sia precipitata. Non ci addentriamo nella discussione, non la mattina cosi presto ed astemi. Ma ci rimane un dubbio: “….che non ci sia più tanto pesce come qualche anno fa???….” Usciamo e decidiamo per il tratto a valle della diga di Ala (storicamente imballato di pesce). Io decido di provare a spinning, almeno fino a quando la temperatura non si sarà alzata un po’: stamattina siamo a cavallo dello 0° e siamo ancora in ombra. Il mio compagno, a malincuore, mi segue sia fisicamente che tecnicamente e così lanciamo artificiali di varia fattura in ogni dove. Personalmente m’intestardisco con un Mepps del n° 4 a sfiorare tutti i massi del fondo e scendo verso valle per un buon tratto. Da lontano vedo il mio amico seduto sui sassi. Lo capisco, non più di un’ora fa mi ha confidato che pescare a spinning in Adige in queste condizioni è quasi peggio che andare a lavorare. Ripeto, lo capisco, ma non mi adeguo e assumo la filosofia che uso nei nostri torrenti: passare ogni occhio ogni sasso ogni buca lama o corrente per vedere cosa succede. Un’ora e mezza e due cucchiai persi dopo, desisto. Torno da Ago e decidiamo di scendere in macchina fino al No-Kill di Borghetto, e se neanche lì niente si torna a casa. Alle 15 le nostre speranze sono ormai finite sotto le scarpe, assieme ai ciottoli, ma oltre al danno sta per arrivare la beffa. Sulla sponda opposta noto un fuoristrada che si ferma esattamente di fronte a noi. Scendono due tizi che parlando tra loro indicano una lama profonda a ridosso della “loro” riva e montano due canne da mosca. Lancio la provocazione:“Ago, se prendono un pesce entro mezz’ora smonto e vado a casa!!”. Lui mi guarda e con un sorriso come dire “Cazzo siamo qui da due giorni non ci credo che ci fanno fare sta figura…” e ci sediamo a guardarli pescare. Il primo che lancia ha una coda come minimo del 5, con tanto di strike indicator: pesca a ninfa. Uno, due, tre… al quinto passaggio ha il pesce in canna. Mi prende una sonora sgrigna cretina mentre guardo Ago, divenuto violaceo in viso, e penso “…che figura di merda…” Ma ogni promessa è debito e in meno di mezz’ora siamo già in direzione Forlì. Vi risparmio la discussione da filosofia spicciola del ritorno, la conoscete bene, soprattutto dopo un cappotto. Ma una frase non la digerisco:“….non vado più a pesca se non con la certezza di prendere anche solo un pesce, ma di prendere…”Ago non me ne voglia, e so che non me ne vorrà, ma io non ci stò.

Ancora mi gusto il piacere di stare in riva al fiume lasciando che per qualche ora o qualche giorno le preoccupazioni di tutti i giorni scorrano sull’acqua sparendo dalla mia vista alla prima svolta del fiume. Nella pesca, come nella vita, non mi piacciono le avventure dall’esito scontato, credo fermamente che in ogni modo vadano le cose un giorno sul fiume sia sempre un giorno di vita “speso bene”, tanto da solo quanto in compagnia di un buon amico. 

Per le info non vi stresso, le conoscete bene. Ricordate solo Hotel “Zugna” e Trattoria “Caminetto”. Meritano.