In cerca di bollate
Marco
Sportelli
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Insetti e
predatori
– Schiuse e insetti sono notevolmente diminuite.
Vero, i pescatori con memoria storica, quelli che praticano la
pesca a mosca da qualche decennio, concordano su questa affermazione.
I cormorani danno il loro meglio in fiumi medio grandi e hanno un
duplice effetto negativo: la predazione diretta e l’aumento della
diffidenza dei pesci. La diffidenza aumenta sia per esperienza, dopo
esser stati inseguiti più volte tendono a rimaner nascosti, sia per
selezione, i pesci più propensi a entrare in attività in acque aperte
sono i primi a esser predati. L’ipotetico minor impatto di pesca, dovuto
a un sempre maggior numero di pescatori sportivi disposti al rilascio
del pesce, è fortemente vanificato da questi nuovi predatori che non
conoscono limiti di riserva, stagioni e misura minima.
Com’era
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Non è mai esistito un tempo in cui andavi per fiumi ed eri certo ti trovare
attività, ma la memoria è ingannevole, conserva i lieti eventi e
cancella velocemente i momenti vuoti. A tutti noi è accaduto più volte
d’imbatterci in giornate morte.
Cercare
di capitare nel posto giusto al momento giusto è sempre stata la più
grande abilità che doveva possedere il pescatore a mosca. Tentare di
migliorare le nostre possibilità di successo significava far tesoro
delle esperienze vissute, far delle scelte, spostarsi di centinaia di
chilometri, rinunciare alla pausa pranzo, far tardi al fiume.
Significava aspettare il momento più propizio per un determinato luogo,
concentrare l’azione di pesca negli orari migliori. In termini pratici
si traduceva nel limitare la presenza in acqua in un dato fiume a pochi
mesi, giorni, orari del giorno e, automaticamente, significava un
impatto di pesca modesto. In certi posti la pesca a mosca cominciava a
metà Aprile, Maggio, su pesci ancora poco punti e ben disposti a
guardare verso la superficie.
Qual è la
situazione alimentare più proficua per il pesce? La schiusa, il momento
in cui con il minimo sforzo riesce a catturare facilmente insetti
impossibilitati a sfuggirgli, ma è anche la più rischiosa perché dovendo
posizionarsi a mezz’acqua si espone ai predatori. E’ evidente che
cominciare a catturare
i pochi pesci rimasti nelle nostre acque già dai primi mesi dell’anno
contribuirà, col progredire della stagione, a renderli sempre più
diffidenti. Pensate veramente che quegli stessi pesci, strapunti nei
mesi precedenti, insidiati e forati tutta la mattina con delle ninfe,
arrivino alla possibile schiusa pomeridiana con la voglia di salire a
galla e bollare? Temo solo pochi.
“Un pesce è
sempre un pesce”
ma tra prenderlo a ninfa o su bollata per me passa la stessa differenza
che c’è tra un gol su rigore e uno su azione. Sono poche le catture che
meritano di essere fatte, ed è facile riconoscerle, perché sono come
quelle risate che quando esauriscono la loro energia lasciano qualcosa
dietro di sé: gratitudine!
E’ comodo andar per fiumi senza doversi
preoccupare di posti, stagioni, orari, ma qualora la pesca a mosca
diventasse un’attività praticabile in qualsiasi condizione, perderebbe
molto della sua tipicità. Per me sarebbe come tornare alla pesca a
passata: non importava il giorno o l’ora, trovavo sempre qualcosa da
catturare. Del resto, come
fanno notare molti pescatori a ninfa, il pesce si ciba prevalentemente
sott’acqua, vero, ed è il motivo per cui la pesca a fondo ha anticipato
di qualche millennio la pesca a galla. E’ solo con la
pesca a mosca che ho imparato a guardare con attenzione l’acqua e tutto
ciò che la circondava: volevo capire di più, non c’è vera pesca a mosca
senza un’attenta osservazione.
Qualche schiusa, qualche bollata, qualche pesce isolato che entra in
attività, sono eventi tuttora abbastanza probabili da giustificare il
trafficare con canne, piume e code. Ovviamente bisogna esserci quando
serve, muoversi lungo il fiume, attendere, scrutare. Anche il posto
giusto potrebbe non bastare: limitarsi a guardare tutto il giorno la
punta della canna o il filo colorato che scende in acqua, porterà
sicuramente a perdere tante ottime occasioni d’insidiare pesci in
attività. Mi rendo conto di essere noioso e mi ripeto volutamente, ma
con l’evoluzione (?) della nostra tecnica abbiamo perso una delle nostre
peculiarità: il basso impatto in pesca, che la faceva annoverare come
tecnica d’elezione per pesci pregiati e delicati come i salmonidi,
trasmetteva un’immagine del pescatore a mosca come un meditativo, un
sognatore che faceva poco danno, e giustificava anche l’esistenza di
zone di pesca dedicate.
Più giorni e ore di pesca, con una tecnica che copre tutti gli strati
dell’acqua, in tutte le stagioni e condizioni, significa inevitabilmente
catturare molto di più. Significa, a tutti gli effetti, ricollocarci tra
i pescatori generici. Possiamo giustificarci che usiamo ami senza
ardiglione o una rete idonea, ma la mortalità all’amo persiste ed è
molto legata al numero di catture.
Calendario
– A volte diamo per scontate cose che non lo sono, ciascuno di noi ha i
suoi posti preferiti, ma potrebbe tornar utile ribadire qualche
concetto. Per farlo provo a condividere con voi un possibile calendario
annuale all’inseguimento delle schiuse, i fiumi che cito sono solo
indicativi, sono, tra quelli più noti, quelli che anch’io conosco.
Le schiuse, è un dato di fatto, cominciano da valle verso monte e poi,
con il progredire della stagione, da mezzogiorno verso sera.
Da metà marzo a metà aprile è il momento ideale per dedicarsi ai fiumi
del piano. Sono quelli che si scaldano prima e non risentono ancora del
disgelo. Non fate una levataccia, nei fiumi classici, Adige, Piave, le
schiuse cominciano dalle 12 alle 14. Aspettatevi delle
Rhithrogena
(amo 12) o delle
Baetis
(amo 14-16). In aprile rimanete fino a sera, potrebbe ricominciare un
po’ di attività. La prima metà di aprile è il momento magico per le risorgive di pianura, quelle con acqua non troppo fredda.
In posti come
il Fibbio o il Varmo, una schiusa a centro giornata di BWO (Serratela
ignita amo 16-18), è quasi una certezza,
per poi sperare in una più sporadica attività di superficie nel tardo
pomeriggio. Appena il sole scende dietro gli alberi potete riporre la
canna.
Da metà aprile a fine maggio è il momento d’elezione del pescatore a
mosca, La primavera porta con sé la rinascita della natura, delle
speranze e in me genera un’ineluttabile attrazione per l’acqua: è più
difficile rimanere a casa che sbagliar posto! Nei fiumi del piano le schiuse diurne possono essere limitate a giorni grigi e umidi, ma diventano una certezza verso sera. Però aspettatevi di tutto, presenze sporadiche di tricotteri, plecotteri e i primi terrestrial possono focalizzare l’attenzione del pesce verso la superficie per gran parte del giorno. Ora più che mai paga scrutare con attenzione e convinzione l’acqua in cerca di bollate, a volte i pesci entrano in attività singolarmente o solo in punti specifici.
E’ anche il momento d’oro per
le grandi risorgive. L’Unec è già in piena forma dai primi di maggio,
mentre per l’acqua più fredda del Gacka è preferibile attendere qualche
settimana: le schiuse diurne di sedge e le prime mosche di maggio
arrivano a fine mese.
E’ giugno, si parte! La prima quindicina del mese è il momento perfetto per lanciarsi in qualche avventura in acque sconosciute e un po’ fuori mano. Le acque di neve si sono esaurite quasi ovunque, i livelli e le meteo sono più stabili e prevedibili, quindi il rischio di perder giorni di pesca per pioggia o brutto tempo diminuisce. Per anni ho scelto proprio questo periodo per scorazzare lungo i fiumi del sud, da entrambi i lati dell’Adriatico. Le ultime schiuse di grandi perle e le prime di mosche di maggio, nei fiumi bosniaci che frequentavo, Pliva, Ribnik, Sanica, Una, Unac, Klokot avvenivano proprio tra l’ultima settimana di maggio e la prima di giugno. Pescare posti nuovi in questo momento è più facile, spesso riesci a capirne le potenzialità, a non scoraggiarti. Le giornate sono molto lunghe, c’è quindi tempo per spostarsi, esplorare, curiosare, per perdere tempo. Gli insetti sono nell’acqua, nell’aria, sulla vegetazione; i pesci sono attenti a tutto ciò che passa.
I posti nuovi però, prima è bello desiderarli. Che noia andarci senza
aver fantasticato, sognato su di loro, senza averli caricati di
aspettative, di possibilità. Anche se poi, mi serve sempre qualche ora
di pesca demotivante prima di riuscire a riallineare sogni e realtà, per
cominciare a desiderare quello che realmente offrono.
Da metà giugno, con l’inizio dell’estate, pescare proficuamente può
significare dover salire di quota, dedicarsi a torrentoni ombrosi o
limitarsi ai margini
del giorno. E’ un ottimo periodo per chi ha il fiume sottocasa,
può godersi il momento migliore, il
coup du soir,
senza la noia di un lungo giorno da passare, mentre per il pescatore
itinerante non si fa mai sera. Frequentare risorgive o fiumi del piano
nel periodo estivo può essere
un’esperienza frustante. Sole e caldo sono impietosi, le bollate
diventano un miraggio, ma il problema non sono pesci e insetti: è un
errore di timing. Ci sono eccezioni, ad esempio sempre il Gacka, proprio
in agosto, è noto per le sue schiuse di
Baetis,
più massicce e di taglia maggiore di quelle primaverili, e poca
concorrenza.
Estate per me significa Appennino. Significa silenzio, solitudine, lunghe camminate nel fresco del bosco e qualche trotella sempre disposta a salire.
Sono posti che conosco bene, ma ogni volta mi appaiono differenti. Variazioni, dovute ai diversi stati d’animo con cui li affronto, che svelano sempre nuove meraviglie. Ammetto che non è la quintessenza della pesca a mosca, è tutto facile. L’intelligenza giudica poco interessante una cattura quando è quasi una certezza, ma la volontà, che mi conosce, mi sprona, sa che rinunciando poi la desidererò. Sono proprio la volontà e il ricordo della bellezza che mi fanno mettere la canna in macchina e partire.
Già, la bellezza, e la possibilità di trovarla dove non
immagino, nei sassi
muschiosi, nelle sfumature delle foglie, nelle
forme dell’acqua, la possibilità di trovarla nelle cose più comuni,
nella vita intensa delle cose che sembran senza vita.
L’impatto è minimo, usando grosse mosche in foam,
ferrando morbidamente e rilasciando tensione alla lenza riesco a censire
le trote del posto senza toccarne quasi nessuna, mentre non mi preclude
la possibilità di portare a tiro di foto la rara trota interessante che
voglio ricordare.
A settembre ricomincia tutto daccapo, più il mese avanza più le zone
interessanti per la pesca si abbassano, ma continuano a essere
produttive anche quelle superiori. E’ un periodo senza limiti, si può
spaziare. Era il mio momento preferito per trascorrere qualche giorno in
Friuli. La varietà delle sue acque, la contiguità di ambienti differenti
e il regolamento unico mi permettevano di passare nello stesso giorno da
impervi torrenti carnici, a
coup du soir
in risorgiva, dalla ricerca di temoli in luminosissimi torrenti di
fondovalle, a serate in acque del piano in attesa di bollate. A
settembre si pesca tutto il giorno, anzi, le giornate finiscono sempre
troppo presto!
In realtà, dopo anni d’assenza quest’anno ci sono tornato. Sarebbe
bastato lo stupore negli occhi del mio compagno di pesca alla vista di
certi colori per giustificare la gita. Risalendo un torrente il
pescatore vede tante singolarità che il profano confonde. La passione
aiuta a discernere, differenziare, e lui è giovane, ha entusiasmo e lo
spirito giusto. L’acqua immateriale prende vita da sprazzi di luce che
la pervadono d’irreali
striature, e
solo nei punti profondi acquista spessore: sembra una fredda granita
alla menta. L’amico vi s’immerge con quella
convinzione entusiastica che da fascino alle cose semplici. A ogni pozza
esclama meraviglia!
Lo seguo più lentamente. Il ritorno in posti che per anni ho solo
sognato, avviene per sottrazione. Devo prima togliere le parti solo
immaginate, desiderate. I ricordi onirici devono spogliarsi del mito e
essere sostituiti gradualmente dalla lineare realtà.
Sono smemorato di natura, dimentico gli occhiali
sul naso, ma i ricordi di posti pescati e poi sognati sono diventati
tanto inossidabili che ora basta poco, qualche dettaglio, per farmi
tornar in mente tutte le prossime curve del torrente…
Tante cose in Friuli sono cambiate, ma lo spirito del luogo e le
giornate di pesca sono come le ricordavo. Mi sveglio con un senso di
libertà, posso andare dove mi porta la voglia del momento; posso
sbagliar posto, non c’è il gestore della riserva a istruirmi, posso
sbagliar strada, non c’è la mappa allegata al permesso, posso diventar
più saggio, perché sì, la
saggezza non si riceve, bisogna scoprirla da sé, è un tragitto di errori
che dobbiamo far da soli. Errori che non vanno rinnegati, perché sono la
prova di aver realmente vissuto.
Sono giornate impegnative,
ma alla fine, se sai dove cercare, puoi trovare completa solitudine e
qualche pesce che materializzandosi tra i riflessi salga sulla tua
mosca.
Se a settembre la voglia di temoli s’è fatta sentire, a ottobre diventa
desiderio impellente. Con molte acque nostrane chiuse alla pesca e
temoli ormai svaniti, diventa quasi necessario ripiegare oltreconfine.
Austria e Slovenia sono care, ma offrono ancora qualche possibilità.
Ottobre era il mese migliore per insidiarli nelle meravigliose piane del
Soca, ora non è più il caso. L’Unec non avrà gli insetti di maggio, ma
ha i colori e la giusta tranquillità per perdersi tra i suoi prati in
cerca di bollate.
Sì, lo so, far chilometri o attendere il momento propizio nel tentativo
di trovare pesci in attività di superficie è limitante e dispendioso.
Molti di noi abbracciando questa tecnica di pesca ne hanno accettato i
limiti, anzi, ne hanno fatto parte del gioco. Lunghi spostamenti,
attese, chilometri inciampando tra sassi e radici, sono giustificati non
dalla cattura in sé, ma dalla soddisfazione di aver fatto tutto bene,
che, se oggi è più complicato, è sicuramente maggiore!
Ultimo giorno quaggiù. Sembra tutto come ieri, eppure… nell’aria percepisco
qualcosa d’indefinito che mi stimola, mi elettrizza. Dopo troppi
anni passati a inseguire schiuse e bollate probabilmente qualcosa
Non importa, ora ho la certezza che sarà una buona giornata. Risalgo lentamente
verso posti che conosco. Esco a buio con l’adrenalina in circolo
e la voglia di tornare. Quelle per cui vale la pena pescare a mosca. |
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