Klink - Una per tutte
Marco
Sportelli
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L a sera s’avvicina, le ombre s’allungano. L’aria densa del pomeriggio ora è diventata tiepida e immota. Il rumore di un mezzo agricolo e il frinire di cicale giungono da talmente lontano da non sembrar reali. Nella lunga piana l’acqua scivola via silenziosa. Un pesce a pelo d’acqua, molto distante, comincia a fendere con delicatezza la superficie. Raccoglie insetti come fragoline dal bosco.Lottiamo contro gravità, folate di vento, ciuffi
d’erba, contro i nostri movimenti impacciati e gli errori di
valutazione, ma ogni tanto tutto s’allinea; il vento scema, il sole
sparisce dietro una nuvola, la coda si srotola leggera, e all’improvviso
ci capita il lancio perfetto. Il finale si distende, rallenta e deposita
qualcosa, immateriale come un piumino di pioppo, poco sopra alla trota.
E lei sale, come se fosse la cosa più semplice e
scontata del mondo, sale con naturalezza a ghermire il nostro inganno. A
validare il nostro momento di perfezione. Ecco l’attimo che vale la
giornata, l’unico che ricorderemo a mesi di distanza. Le facili prede
svaniscono dalla nostra labile memoria ma il pesce impossibile o la
cattura perfetta vi s’imprimono a fuoco.
Un attimo prima c’è solo la quiete. Assoluta. Un attimo dopo un’esibizione di potenza fa
esplodere l’acqua. L’adrenalina taglia la piana in diagonale, risale la
lenza e mi pervade. Mi sento al centro del mondo. Un piccolo mondo dove
ogni tanto mi rifugio. Un mondo con tanti problemi da risolvere, piccoli
anche loro. Facili. Perché risolverli o non risolverli è solo
marginale. Perché è gioco, irresponsabilità, una comoda maniera per
dimenticare per qualche ora quelli veri, quelli grandi; i grandi
problemi del grande mondo.
Eccone uno minimo: un bel pesce, un solo lancio… cosa
legare al finale? Se mi portassero in un fiume sconosciuto e dovessi
scegliere a priori una mosca non avrei dubbi: una Klink.
Il suo vero nome è Klinkhammer ma con il tempo ha
subito tante modifiche e interpretazioni personali che ben pochi modelli
che popolano le nostre scatole sono riconducibili al dressing originale.
Ciò che li accomuna, però, è la brillante intuizione che si cela dietro
a questa tipologia di artificiale: un’emergente con tutte le
caratteristiche di visibilità e galleggiabilità di una parachute. “Klinkhammer”
non è una mosca, ma un concetto costruttivo. Hans van Klinken la affinò e mise a punto negli anni
’80 per imitare la fase emergente delle sedge. Chi la vede per la prima
volta fatica a inquadrarla. Ha qualcosa in meno per essere una mosca
secca: le code. Ha qualcosa in più per essere un’emergente: hackles e
post verticale. Chi la prova in pesca, però, ne apprezza da subito
l’efficacia perché… funziona! Perché funziona? Vale sempre la regola generale che
più una mosca sta in acqua più prende pesce, più prende pesce più gli si
concede fiducia, più acquisisce fiducia più sta in acqua. Si, forse la
sua straordinaria popolarità è proprio dovuta a questo circolo vizioso
ma, non solo. Concettualmente è semplice: un corpo montato su amo
grub, un hackles parachute, un post molto visibile. Analizziamo ora nel
dettaglio la struttura della mosca, l’assetto in acqua e la funzione di
questi tre elementi.
Il corpo - Al pesce,
innegabilmente, interessa il corpo. Il particolare, quindi, su cui
focalizza l’attenzione è quel qualcosa di appeso alla pellicola
superficiale che lui riconosce come cibo. Perché predilige questo stadio
della schiusa? Perché è esattamente la fase più vulnerabile in cui
riesce a trovare gli insetti acquatici. L’amo grub, l’assenza di code e
il corpo non troppo idrorepellente facilitano l’ingresso in acqua, e
concorrono nel contempo a dare immediatamente all’artificiale proprio
l’assetto e la sembianza che il pesce sta ricercando. Basta variare
dimensioni, forma e colore della parte immersa per adattare con la
massima flessibilità la nostra imitazione all’insetto del momento. Il
corpo immerso, inoltre, è percepibile al pesce ben al di fuori della sua
finestra visiva e non è raro vedere trote a pelo d’acqua spostarsi di
molto per intercettarla. Il rimanente non ha scopo imitativo ma solo
funzionale.
L’hackles -
Il montaggio parachute è
geniale. Rispetto al montaggio tradizionale ha dei vantaggi intrinseci
innegabili: facilita la corretta posa verticale dell’artificiale
(difficilmente si corica di lato), a parità di fibre montate è il
sistema più efficiente per supportare un amo sul pelo dell’acqua e
azzera quasi completamente l’effetto elica durante il lancio,
permettendo, così, di gestire grosse imitazioni anche con nylon
relativamente sottili. L’efficacia al galleggiamento delle fibre di
gallo, inoltre, non viene inficiata dal succedersi delle catture come
accade con il cul de canard, rendendo questa mosca estremamente pratica:
una bella sciacquata, qualche falso lancio e siamo di nuovo in pesca.
Il post - Il piacere della pesca a mosca
molto spesso è direttamente correlato alla chiara percezione del nostro
artificiale, sia durante le fasi di pesca, al fine di individuare
passate corrette e percepire eventuali dragaggi, sia al momento
dell’abboccata. Quante volte, pescando in schiusa su pesci selettivi,
abbiamo maledetto le piccole emergenti che dopo un paio di catture si
ostinano a non stare più a galla, o quelle ninfette di superficie che
vengono spesso ghermite dal pesce senza che noi lo percepiamo!? Nulla è
più frustrante del trovarsi la lenza in tiro senza aver capito bene
perché, o di dover ferrare d’istinto sulla bollata perché non siamo in
grado di localizzare esattamente il nostro artificiale! Tutti lo
facciamo, spesso ci siamo costretti da pesci molto selettivi, ma
dobbiamo ammettere che pescare con mosche invisibili è più una necessità
che un piacere. La meraviglia della pesca a mosca ha per me una forte
componente visiva, quindi, più mi è chiara l’evoluzione degli eventi più
l’apprezzo. Seguire la mosca con lo sguardo, vedere il pesce che sale,
l’artificiale sparire nella bocca del pesce o risucchiato nel gorgo,
sono l’unico valida ragione per far chilometri alla ricerca di bollate. Quindi ben venga un post chiaro e ben definito o, in
casi particolari, di colori accesi. Non è naturale e poco attinente con
l’insetto imitato? Perché, lo sono forse l’amo o le innumerevoli fibre
di hackles che ci ostiniamo a pensare imitino le zampe? Se facciamo un
esame di coscienza siamo costretti ad ammettere che le nostre
imitazioni, soprattutto quelle efficaci, assomigliano ben poco agli
insetti che pretendiamo d’imitare.
Come costruirle -
L’originale è mirato a tricotteri emergenti. Già detto. Per adattarlo
alle più ubiquitarie effimere e per generalizzare il modello io le
realizzo con corpo in fagiano, post chiaro e hackles dun. È una mosca di
facile costruzione, magari non come un’emergente in CdC ma poco di più.
Nelle mie scatole mancano quasi sempre quelle montate sul 16, dato
significativo per discriminare le più usate, ma il range da considerare
è 12-20. Il torace è appena un po’ più accentuato del corpo, ma non come
l’originale e pochi giri di hackles sono sufficienti a garantirgli un
buon galleggiamento lasciandogli nel contempo un aspetto etereo. Il nodo
finale non lo faccio, come da procedura originale, alla base delle
hackles, ma mi accontento di bloccare il tutto in testa con un paio di
giri di filo di montaggio. Si comincia montando un ciuffo di CdC o in sintetico
a 2-3mm dall’occhiello e, nello stesso punto, si blocca, sempre in
verticale, una piuma di gallo. Con qualche giro di filo di montaggio si
uniscono e consolidano post e gallo, creando una solida base su cui
avvolgere le hackles. Quando ha il solo scopo di sostentamento il colore
dun naturale è, a mio avviso, il più neutro e meno visibile al pesce.
Per queste esili imitazioni però, date sempre la preferenza ai colli, le
lunghe piume delle spalle sono molto più comode da usare ma non
paragonabili come qualità. Si scende con il filo di montaggio oltre la
curva e si fissano due tre fibre di coda di fagiano. Avvolgendo le herl
in senso antiorario si esegue un corpo esile. Ricordatevi di incrociare
le fibre al di sotto del post per evidenziare il torace. Ora si risale
in senso inverso con il filo di montaggio per irrobustire le fibre di
fagiano rendendole più resistenti ai denti delle (tante) trote che
incontreranno. Si avvolge l’hackles di gallo avendo cura di posizionare
ogni giro sotto al precedente e la si blocca dove formeremo la testina.
Ultima accortezza: una cosa che odio, al fiume, è non riuscire a
infilare il nylon nell’occhiello perché parzialmente ostruito, quindi le
mie mosche lo devono avere perfettamente libero. A questo scopo, prima
di terminare l’artificiale, qualsiasi artificiale, ho sempre
l’avvertenza di ribaltare tutti gli eccessi verso la curva dell’amo,
eseguo la testina e li taglio solo dopo aver completato la mosca. Come usarle - La mia scatola delle Klink è ricca di una discreta varietà di modelli, ne contiene un’ottima quantità e, soprattutto, trabocca di fiducia. Quando comincio “pesco” da qui, da questa scatola. In mancanza di schiuse precise o situazioni ben note, dove so già qual è il menu del giorno, è la mia prima scelta. Non la reputo idonea alla pesca in caccia in piccoli torrenti, dove sedge e terrestrial fanno la differenza, ma già in torrenti di fondovalle ha un’efficacia quasi illimitata. Personalmente, da un uso sporadico e mirato, sono passato a un abuso spudorato. A dispetto dell’intento iniziale dell’ideatore, però, l’utilizzo sistematico che ne faccio, scalando opportunamente di taglia, è mirato alla fase emergente dell’effimera media che si incontra nei nostri fiumi. Con bollate rade, con singoli pesci che sembrano attivi sul nulla o a inizio schiusa, semplifica molto l’azione di pesca e permette di pescare e catturare in maniera facile ed efficace. E’ molto generica e non è onnipotente, quindi con il
prosieguo della schiusa spesso va alla corda costringendomi, per aver
ragione di pesci molto selettivi, a metter mano a qualcuna delle
centinaia di mosche che mi porto appresso, ma questo è il bello della
pesca a mosca. Però, se fino a poco prima, la visibilità e fiducia
riposta in una Klink mi hanno fatto pescare con serenità e poca fatica,
ora mi è più facile concentrarmi sul pesce selettivo. Diversamente, un
paio di rifiuti potrebbero bastare per innervosirmi… o farmi diventare
un pescatore a ninfa. Per sempre. Durante un’emergenza di tricotteri vi consiglio di
rispettare il dressing originale: è molto efficace. Negli ultimi anni ho
frequentato con una certa costanza e sempre nello stesso periodo un
fiume appenninico. Durante il giorno si alternavano sporadiche effimere
a un drift altrettanto sporadico di piccoli tricotteri. Piccole sedge in
capriolo e Klink amo 14-16 avevano spesso la meglio sui rari pesci
disposti a salire. A tarda sera però tutto cambiava. I pesci entravano
improvvisamente in frenetica attività, le bollate diventavano irruente
ma le catture, con le mosche utilizzate fino a poco prima, solo
occasionali. Un esile Klink, amo Mi è stato riportato, da chi l’ha visto in pesca, che
Hans van Klinken le utilizza in taglie enormi anche come mosche da
caccia, e con risultati sorprendenti. Di nuovo vale la regola che più
una mosca sta in acqua più prende, ma mi sono promesso di sperimentarla
anche in questa versione. Se, come me, avete un approccio molto pragmatico
verso la pesca a mosca, provatela. Non è migliore o peggiore di molte altre, è solo
estremamente pratica, versatile e efficace. La trota, oltre che distante, è anche molto bella. La
canna si abbassa, il finale tiene ma il pesce, invece di cercare l’acqua
profonda, risale a strappi oltre la piana, oltre la corrente, oltre la
curva… Improvvisamente, inevitabilmente, torna il silenzio. |
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I materiali e fasi di costruzione |