L'Essenziale

 

Marco Sportelli  

(Già pubblicato su Fly Line)

 

 

Il mio segreto è molto semplice: si vede bene solo con il cuore. L’essenziale è invisibile agli occhi. (Il Piccolo Principe)

L’essenziale è invisibile agli occhi. Quello che ci portiamo appresso al fiume o di cui ci circondiamo è il marginale, spesso l’inutile. L’essenziale è l’acqua pura, qualche pesce selvatico, l’esperienza che abbiamo accumulato. L’essenziale è la passione che ci sprona.

Cose tanto evidenti che finiamo per non vederle, le diamo per scontate.

L’essenziale si palesa solo quando svanisce.

 

Ma, partiamo da molto più in basso, limitiamoci a ridurre all’essenziale il marginale.

Guardandomi, o specchiandomi negli altri pescatori al fiume, mi appare subito evidente che somiglio più a un folcloristico vucumprà carico di mercanzia che a un’anima momentaneamente libera dagli impegni del mondo. Colpa del consumismo e del prendersi troppo sul serio.

Forse solo colpa della mia visione distorta: se gli altri li vedo brutti, sgraziati, caciaroni, persone che invece di scivolare silenziosamente lungo le rive si muovono come mandrie all’abbeverata, è solo perché li reputo miei competitori. E magari anche loro mi vedono così.

O forse, brutti e sgraziati, lo siamo davvero! Ripenso ai buffi pescatori in divisa incontrati dalla Giuseppina: dopo essersi esibiti a cena nel peggio che si può fare a tavola, si presentarono a colazione, in un periodo dell’anno in cui la pesca comincia a metà mattina, con wader, scarponi, guadino, giubbotto e machete alla cintura. Mi vergognai un po’ di essere Italiano e molto di essere pescatore.

Verità o distorsione che sia, per estensione logica alla massima del Piccolo Principe, possiamo assumere che per limitarci all’essenziale occorra innanzi tutto togliere il visibile, quindi, cominciamo!

Via quei capi colorati che imperversano al fiume, sono un fastidio per gli occhi. Nel bidone quei ciondoli che pendono dappertutto e quelle patch pacchiane che fanno tanto Generale della Repubblica delle Banane. Mai più canne e mulinelli coloratissimi, avete paura di perderli al fiume, ma quanti ve ne portate?

Sulla scelta di berretti e occhiali polarizzati possiamo approfittare senza remore del gusto estetico delle nostre donne: ne hanno molto più di noi. Io aggiungo solo un piccolo consiglio, pescando a mosca ci serve sia la visione laterale sia quella superiore: c’è sempre qualche basso ramo pronto a convolare a nozze con la nostra mosca. Il berretto ideale, quindi, non deve avere la tesa ma solo la visiera, lunga ma non troppo, arcuata ma non troppo, altrimenti, nuovamente, ci preclude la visione di ciò che ci circonda.

Bene, ora, tornati ai canoni di minima visibilità e basso profilo richiesti al predatore, lavoriamo sul contenuto delle nostre tasche e sull’azione di pesca.

 

A pesca voglio essere efficiente, posso attendere a lungo, serenamente, l’inizio della schiusa ma quando il gioco comincia ogni impiccio m’innervosisce: tutto deve filare a perfezione.

La giunzione coda-finale deve scivolare, inesistente, tra gli anelli.

Il cambio del tip deve avvenire rapidissimo.

Gli ami devono avere l’ardiglione già schiacciato e l’occhiello perfettamente libero, e le mosche, poche ed essenziali per ridurre l’incertezza della scelta, devono essere visibili, resistere alle abboccate e galleggiare anche dopo la cattura senza complicate sessioni di ricondizionamento.

Tutto deve essere facile, comodo, a portata di mano, magari già fatto.

Per ottenere questo bisogna ridurre, ottimizzare, separare il grano dalla troppa pula.

Insomma, il “tutto” deve essere poco.

Ma questo richiede lavoro.

Sono pigro, l’ho già detto, e come molti pigri lavoro molto per lavorare meno.

Premetto che la mia è una visione molto limitata, è quella del pescatore che con i pesci ha fatto un patto: sul fondo state sereni ma a galla state attenti. Io mi attengo, purtroppo anche loro!

Proverò comunque a elencare una serie di punti, affinati nel corso degli anni e in gran parte già proposti sulle pagine di questa rivista, che possono aiutare a semplificare e velocizzare l’azione di pesca.

Comincerò con ordine, dalla coda di topo alle mosche.

 

Giunzione coda-finale - Con l’utilizzo generalizzato di lunghi finali il passaggio della giunzione coda-finale tra gli anelli è un evento costante. Capita ogni volta che ci spostiamo ma anche dopo ogni cattura. Per gli spostamenti recentemente mi hanno dato un piccolo suggerimento: invece di fermare la mosca nell’apposito anellino fatela girare sotto al mulinello e agganciatela al più alto passante facilmente raggiungibile. In questo modo si ricomincia l’azione di pesca con molto più lenza già fuori dal cimino. Ma anche così, o inevitabilmente dopo una cattura, rimane la noia di far scorrere il rimanente tra gli anelli. Per questa giunzione ho provato diverse soluzioni, alcune pessime, calzetta o loop precostruito sulla coda, alcune discrete, Nail Knot, e una ottima, la goccia di Attack (vedi Nodi &Nylon FL 02-2006). La giunzione con Attack è sicuramente la più brigosa (molto lavoro) ma anche la più efficiente: scivola inesistente tra gli anelli (poco lavoro).

 

Questa giunzione non può e non deve essere eseguita al fiume. A casa, con calma e precisione, si collega alla coda solo il tratto di potenza che, utilizzando il nylon giusto o trattato termicamente (vedi Cosa bolle… FL 03-2016) può durare tutta la stagione di pesca. Al fiume, con un semplice Blood Knot, possiamo velocemente sostituire o modificare la parte rimanente di finale (conicità/tip). Ogni anno è buona norma rinnovare la giunzione, ma io sono pigro: quella in foto ha quasi due stagioni, credo la lascerò così anche quest’anno! Il sistema è poco idoneo ai finali conici.

Come già detto, il nylon utilizzato per la parte di potenza e i primi tratti di conicità dopo un breve trattamento diventa morbido, facilmente stirabile, perde memoria e può essere utilizzato per mesi senza richiedere sostituzioni. Le parti più delicate, diciamo dallo 0,20 allo 0,14, meglio cambiarle spesso.

 Cambio del tip - Il tip, addirittura, ha vita brevissima: nodi accidentali, abrasioni o il semplice effetto della velocità del lancio e dell’assorbimento d’acqua (sì, il nylon assorbe acqua!) ne riducono la resistenza. Qui serve un piccolo sforzo per superare la nostra innata indolenza ma anche un sistema di sostituzione rapido ed efficace. Il migliore è il loop-to-loop. Come realizzare questi loop? Quello fisso sul finale si eseguirà a casa, saremo quindi nelle condizioni ideali per farlo perfetto: meglio se piccolo, meglio se non lascia appigli, molto meglio se non tende a chiudersi. Il nodo che ottempera a questi tre requisiti è il No-Slip-Knot-sbagliato. Nella sequenza fotografica si vede come eseguirlo e in cosa si differenzia da quello “corretto”.

L’altra asola, quella sul tip, fatela come volete, un Perfection, un Triplo Surgeon o lo stesso No-Slip hanno tutti un’ottima tenuta ma, siamo al fiume… abbiamo le mani bagnate… un bel pesce sta bollando… non verrà un lavoro perfetto, a meno che… (vedi L’Attesa FL 06-2013)

Anche il cambio di strategia di pesca deve essere immediato. Voglio alternare un’esile emergente legata a un lungo terminale dello 0,12 a una grossa sedge e filo dello 0,20?

Bene, aggiungendo una seconda micro-asolina sullo 0,25 (vedi L’Attesa FL 06-2013) questo cambio diventa fulmineo e senza spreco di filo o finali.

Sì, il mio finale può sembrare complicato ma è molto versatile e i compiti li faccio quasi tutti a casa: al fiume mi porto solo una bustina con qualche tratto di conicità.

 

Ami e mosche -  Razionalizzare questo aspetto è molto più complesso ma c’è anche più margine di miglioramento. Partiamo dai primi, se ci costruiamo le nostre imitazioni non lesiniamo sul prezzo. Quelli di marca costano, ma forma, tipo di acciaio e perfezione dell’occhiello giustificano la spesa.

Schiacciando l’ardiglione ogni tanto capita che un amo si rompa, fatelo prima di metterlo sul morsetto e a fine costruzione accertatevi che l’occhiello sia perfettamente libero da colla o fibre: eseguire queste operazioni al fiume, con poca luce e un po’ di fretta, richiederà molto più tempo e pazienza.

Ora la domanda è: cosa costruire? e per estensione: con cosa riempire le scatole?

Ma la domanda veramente importante ce la facciamo ai bordi dell’acqua: che mosca scelgo?

Le migliaia di dressing esistenti e le infinite personalizzazioni confondono le idee anche al pescatore esperto e spesso, purtroppo, inducono il principiante a tornare al più facile quesito: innesco un verme o due?

Per semplificare e velocizzare la scelta dobbiamo cominciare con il chiederci come e di cosa si nutrono i pesci.

I pesci si cibano prevalentemente sott’acqua. Vero!  Tant’è che l’uomo, grande predatore, ha imparato a innescar vermi molto prima che a far mosche. Ma ogni tanto salgono a galla... altrettanto vero, ed è l’unico motivo per cui ho scelto la pesca a mosca. Limitandomi alla pesca a galla ho provato a razionalizzare il comportamento dei pesci e di conseguenza le imitazioni necessarie. Non sono arrivato alla perfezione, una sola mosca, ma ci sto lavorando…

Su cosa bollano i pesci? Soprattutto sul trio ETP (Effimere-Tricotteri-Plecotteri), ma non solo. Mentre è vero che le vere schiuse sono quelle è anche vero che tra una schiusa e l’altra scrutano attentamente il loro territorio in cerca di un ghiotto boccone. Quante volte è capitato di percepire un tonfo o vedere una singola violenta bollata?! Son certo che nella stragrande maggioranza dei casi l’abbia generata un grosso terrestrial o un adulto tornato in acqua a deporre. Per non affaticare il mio unico neurone divido quindi le mie imitazioni in tre semplici categorie:

-          Emergenti

-          Terrestrial

-          Grossi insetti acquatici che sciamano o depongono sull’acqua

Torniamo alla domanda originale e alla situazione di pesca più frequente che ci può capitare: siamo in un torrente di fondovalle, una risorgiva, un fiume del piano, insomma i posti d’elezione per la pesca a mosca. Ci piace molto cambiare quindi probabilmente è un posto nuovo. Il pesce comincia a bollare, in acqua o in aria niente di particolarmente evidente. Sappiamo anche che l’inizio schiusa è sempre il più proficuo. Ecco, siamo qui, cerchi sempre più frequenti punteggiano la piana: cosa leghiamo al finale? Quale sarà la nostra prima scelta?

Durante le schiuse, tranne casi particolari che richiedono approcci specifici (li vedremo), i pesci preferiscono dedicarsi alle emergenti perché è il momento in cui per loro gli insetti sono più visibili e facili da predare. Questa è una certezza.

 

Emergenti – Con questo termine mi riferisco solo a quegli insetti acquatici che svolgono la trasformazione da ninfa a insetto alato appesi alla pellicola superficiale.

Non emergono i plecotteri; molti tricotteri lo fanno tra la vegetazione, o su un supporto, o a buio; lo fanno alcune specie di effimere. Detto questo e generalizzando, nei posti che frequento quando i pesci si concentrano su questa fase nel 60% dei casi la causa sono le Bwo (Serratella ignita), amo 16-18, corpo oliva chiaro, tozzo, 3 corte code, 4 ali abbastanza scure, più abbondanti da fine aprile a ottobre; nel 20% Baetis (B.rhodani), corpo più slanciato con doppia colorazione (la parte superiore è più scura), 2 code, 2 ali visibili (altre 2 molto piccole), amo 14-16, più abbondanti a inizio e fine stagione; e il rimanente lo possiamo ripartire tra effimere con caratteristiche equivalenti e piccole sedge (quando schiudono quelle grandi si vede, e si sente!). La caratteristica di tutti questi insetti, difatti, una volta raggiunta la pellicola superficiale, è quella di rimanerci appesi per tutta la lunga fase di fuoriuscita dalla spoglia ninfale e di finire facile preda delle trote che li attendono appostate a pochi centimetri dal pelo dell’acqua.

 

Generalizzando maggiormente, un’emergente d’effimera o tricottero può essere imitata da un artificiale simile, basta difatti ridurre e assottigliare un po’ il corpo di una Klinkhammer per ottenere una valida imitazione anche per le effimere, e l’amo del 16, come visto, ha le dimensioni che più si avvicinano alla taglia media dell’insetto che s’incontra in queste situazioni.

La mia prima scelta, quindi, si fa da sola, la lego al finale ancor prima d’arrivare al fiume. Qualsiasi modello d’emergente di questa taglia potrebbe fare allo scopo. Io utilizzo una Klink amo 16 (vedi Klink: una per tutte FL 06-2015).

Forse non è migliore delle altre ma di certo è molto visibile, galleggia bene, non attorciglia il finale, regge anche le acque moderatamente mosse e dopo la cattura basta una sciacquata e un falso lancio per farla tornare come nuova.

Gran parte dei pesci li catturo con poche Klink, i pochi rimanenti con tutte le altre mosche che mi porto appresso.

Qualcuno afferma che bisognerebbe scegliere la mosca solo dopo aver valutato cosa c’è nell’aria. Può darsi, ma quasi sempre ci si sbaglia. Di solito si comincia a lanciare con bollate rade e insetti inesistenti. Anzi, quello che è in volo a volte ci svia, potrebbe essere il menu serale, o quello del giorno prima. Solo conoscendo il posto e la stagione, o con il proseguire della schiusa, si riesce ad affinare la scelta del nostro artificiale e rapportarlo realmente a ciò di cui si sta cibando il pesce in quel momento. Molto meglio puntare sulla statistica.

 

Casi particolari - Conoscere i nomi delle singole effimere probabilmente è inutile, ma avere un’idea del loro comportamento generale può essere d’estremo aiuto. Non tutte le effimere emergono a questo modo, anzi, le più belle, quei meravigliosi esserini che incontriamo a inizio stagione nei fiumi del piano hanno un comportamento, e quindi richiedono una strategia di pesca, differente.

 

Tanti anni fa, quando avevo l’entusiasmo necessario a frequentare l’Adige a Febbraio e l’inesperienza dei primi tempi, costruii delle emergenti, simili per taglia e colore, alle dun di Rhithrogena (R.Fiorii??) che vedevo scendere a centro giornata in quelle lunghe piane. Le trote predavano palesemente le dun ma il “fenomeno emergenti” era in piena espansione… perché non farne anche di questa taglia? Stranamente ci presi sempre poco. Stessi risultati nei mesi subito successivi, marzo-aprile, che di solito dedicavo alle lame del Piave. Anche qui, a ora di pranzo, l’acqua si punteggiava di ali screziate e bollate importanti. Non ci volle molto a imparare che una split hackles o una semplice parachute in fagiano montata su amo 12 era tutto ciò che serviva. Ci volle un po’ di più a capire che quelle del Piave erano R. semicolorate e come altre specie di quel genere escono dalla spoglia ninfale nei pressi del fondo, raggiungono la superficie come insetti già alati, fuoriescono immediatamente dall’acqua ma poi hanno bisogno di più tempo per asciugarsi ed essere pronte al volo. Quindi, transito rapidissimo sotto la pellicola, lungo transito subito sopra.

Le Rhithrogene, in effetti, regalano al pescatore a mosca una delle situazioni di pesca più belle in assoluto: i pesci sono spudoratamente concentrati su dun di taglia tale da esser molto visibili, facilmente imitabili e che riescono a portare in superficie anche esemplari interessanti.




 Grossi insetti acquatici – Oltre alle imitazioni generiche che ci portiamo sempre appresso ci sono insetti acquatici che richiedo ovviamente imitazioni dedicate, mi riferisco ad esempio a Mosche di Maggio o Grandi Perle, ma sono legati a posti e momenti specifici.

 

Le sedge invece sono molto diffuse e le loro imitazioni indispensabili tutto l’anno. Vengono predate in schiusa ma più frequentemente a tarda sera quando si avvicinano all’acqua per deporre. Il particolare che le fa riconoscere ai pesci è comportamentale, pattinano sulla superficie o colpiscono ripetutamente l’acqua per deporre. Considerando l’orario, il colore è marginale mentre le caratteristiche fondamentali sono taglia e galleggiabilità. Anche la loro visibilità è relativa, si pesca sempre a contatto con la mosca e le bollate sono violente. E’ molto tardi, siamo stanchi, c’è poca luce, spesso l’azione di pesca è frenetica e difficilmente riusciremo a cambiar mosca: serve un’imitazione robusta che sopporti più catture e che riesca a scivolare sopra il pelo dell’acqua. Buono il cervo, meglio il gallo (vedi Sedge in pattinamento FL 04-2006). Usare filo dello 0,20, i pesci di taglia a quest’ora escono a cena!

    

           

Terrestrial/mosche da caccia – Queste due tipologie molto spesso sono assimilabili. Come già detto tra una schiusa e l’altra le trote sono molto interessante a tutto ciò che di commestibile gli capita a tiro, ciò significa variabilità. Che sia una classica imitazione da caccia, una grossa sedge o semplicemente un terrestrial è quasi inutile un’esatta somiglianza con qualcosa: la forma e dimensione delle possibili prede è tanto varia da non poter essere razionalizzata.

Sono artificiali che come i naturali devono galleggiare molto bassi sull’acqua e il riconoscimento da parte del pesce spesso, anche qui, è comportamentale. E’ cibo che dall’acqua non ci esce ma ci cade. Sono il tonfo o la scia ad attirare il pesce e basta qualche particolare e una forma che si differenzi dagli inerti e ricordi il ragno-bruco-coleottero medio che può cadere da quelle parti, a convincerlo all’attacco. L’utilizzo d’imitazione specifiche è da prendere in considerazione solo in momenti particolari (Maggiolini-formiche alate).



Il foam per qualcuno è tabu ma i classici materiali da costruzione mal si adattano a forme e dimensioni dei terrestrial. Un paio di modelli simil-chernobyl su amo 8-10 coprono tutte le esigenze, ma riserviamole ai piccoli laterali o a quei fiumi del piano o torrenti di fondovalle dove il pesce, intanato tra sassi o vegetazione riparia, necessita di un piccolo incoraggiamento per uscire.

In torrenti di fondovalle poco coperti è più piacevole e rendono altrettanto bene mosche più naturali e comode da lanciare. Devono essere sempre mosche d’insieme, galleggianti, visibili e preferibilmente ricordare le sedge.

I tricotteri, difatti, hanno la particolarità di avere una lunga fase adulta vissuta sempre ai margini dell’acqua. Il pesce ci viene in contatto durante schiusa e deposizione ma anche in seguito a eventi accidentali. A questo scopo ripropongo la Sedge di Branko: grande visibilità, buona galleggiabilità, ottima resa.

Anche il temolo può essere insidiato in caccia. Questi pesci adorano le formiche, lo sanno tutti, troppo spesso però le piccole mosche pensate per il Timallide non bastano a indurre i più belli, che prediligono acque profonde o le correnti d’ingresso, a salire a galla: serve l’aiuto di un’imitazione di taglia.

Questa che vi propongo è costruita su amo 10-12. Ha un ciuffo bianco in CdC perfettamente visibile, parametro fondamentale per percepire il dragaggio, il montaggio parachute, che permette l’utilizzo di nylon sottili, e la taglia sostenuta che genera inerzia nella posa. Quest’ultimo è un fattore importante che molte volte sottovalutiamo: mosche con una certa resistenza al lancio (attrito dell’aria) tendono sempre a impedire il completo stendimento del finale, soprattutto gli ultimi 10-20cm, quelli vicini alla mosca e gli unici che ci interessano veramente, facendo così compiere più facilmente al nostro artificiale una passata perfetta.

Razionalizzare le nostre mosche non solo semplifica la scelta ma ci permette anche di disporre di più esemplari per modello, e più esemplari significa non rimanere a corto dell’unica imitazione che cattura in quel momento. Però anche così, con una selezione ridotta al minimo, ogni volta che cerchiamo nella scatola la mosca da legare al finale facciamo un’ulteriore valutazione: certe, per dettagli all’apparenza insignificanti, il nostro istinto le scarta lasciandole inutilizzate negli scomparti per anni. Ogni inverno prendetevi un po’ di tempo, aprite i vostri contenitori e “togliete dalle scatole” tutte quelle che non avete mai usato.

 

Cose da aggiungere – Ora che abbiamo ridotto tutto al minimo, finalmente, c’è spazio per aggiungere qualcosa d’inutile.

- Per asciugare le mosche è ottimo l’Amadou, altrettanto valido un fazzolettino di carta o quei panni in microfibra completi di contenitore da appendere al gilet. Il tutto è sostituibile a costo zero con un panno per pulire gli occhiali appeso con una spilla da balia all’interno del giubbotto. E ci pulite anche le lenti…

- Il filo del tip va cambiato spesso. Dove mettere quello usato? Si può arrotolare e infilare in tasca ma, l’avrete fatto e quindi lo sapete, sembra vivo, quando riaprite la tasca farà di tutto per fuoriuscire! Ecco un comodo accessorio facile da realizzare: incollate un po’ di foam a un leggero lamierino e piegatelo. Il filo del tip o il finale da buttare si avvolgono tra le dita e li s’infila nella gola. A casa si taglia con le forbici e si sfila.

 

- Ogni tanto a pesca qualcosa si rompe. Non ho mai rotto un mulinello al punto da non poterlo utilizzare, anzi, ora che ci penso ho pescato anche con solo la bobina in tasca; a volte ho rotto la canna ma non posso portarmene due; più spesso ho rotto l’apicale. Capita quando urto un ramo posto poco sopra la mia visiera… Di solito sono pochissimi centimetri e c’è margine per rimontare l’apicale: una bustina con un po’ di carta abrasiva e un pezzettino di colla termica tengono veramente poco spazio.

 

Scatola delle ninfe – Minimale. Devo pur sopportare qualche bruco se voglio conoscere le farfalle, sembra che siano così belle (Il Piccolo Principe).