Timing (seconda parte)

Gli orari del giorno

(già pubblicato su Flyline)

Marco Sportelli

 

 

     Esplorare un torrente curva dopo curva, inerpicarmi su di un impervio riale o impazzire lungo una piccola risorgiva alla ricerca di rade bollate, a volte è l’unico modo che conosco per soddisfare la mia irrequietezza, ma più spesso la cosa che amo è aspettare una particolare schiusa in un determinato posto.

Ci sono acque che diventano vive solo in questi momenti: fiumi del piano, chalk stream e molti grossi torrenti di fondovalle sono di una sterilità infinita affrontati nel momento sbagliato, tuttavia sono la massima espressione della pesca a mosca. E’ solo qui, quando iniziano a scendere gli insetti, che il cerchio si chiude. Lancio, bollata, recupero, rilascio, lancio… un ciclo completo e perfetto: la “dannazione infernale” che, nel racconto di G.E.M. Skues, deve subire Mr. Castwell in quello che lui credeva il Paradiso.

Quante ore di paradiso ci sono concesse in un anno di pesca? Dipende. Cercandole una ad una, con determinazione, più di quelle che s’immagina. E’ l’imponderabile, il probabile, il possibile, ciò che ci stimola ed affascina; sono gli insetti, con la loro volubilità ed un ciclo poco prevedibile, la vera magia della pesca a mosca.

Nessuno ha mai capito cosa induce questi piccoli esseri, ciascuno nascosto sotto il proprio sasso, a fuoriuscire contemporaneamente verso la superficie. Temperatura, luce, pressione atmosferica? Possibile, ma sembrano indicazioni troppe vaghe per basarci un’efficace strategia di sopravvivenza e riproduzione. Ho sempre supposto che solo un preciso messaggio chimico immesso nel più potente solvente del mondo, l’acqua, possa sincronizzare con tanta precisione un evento spettacolare come quello della schiusa. Questa magia è di certo l’ultimo segreto custodito dal fiume: svelarlo sarebbe come uccidere Babbo Natale. Se un giorno scopriranno la polverina che versata in acqua attiva la schiusa, beh, quel giorno smetterò di pescare a mosca!

            Orari del giorno – Non tutte le buone acque da pesca sono a due passi dalla città e le migliori poi, oltre ad essere lontane, di solito sono pure piuttosto care. Pochi di noi sono liberi dalle faccende del mondo ed il nostro tempo sul fiume è sempre limitato, così, sempre più di corsa e meno attenti ai ritmi della natura, arriviamo al fiume non quando vogliamo ma quando possiamo. Per quanto ci affanniamo nello sfruttare queste ore spesso percepiamo d’aver sbagliato timing, e se lo sentiamo noi, noi che veniamo da lontano, dalla città, noi che non possediamo quel patrimonio di sfumature mentali e comportamentali affinatesi nei locali per generazioni, significa che è palese. Mi riferisco all’eco dei rumori, agli odori dietro gli odori, ai riflessi tra i colori, al sapere già prima di arrivare. Per chi l’ha codificato nel DNA il momento è nell’aria, quando arriva lo riconosce. Per noi “forestieri” rimane solo qualche buona norma consolidata nel tempo.

Piccoli torrenti - Partiamo da questi, i più facili. E’ luogo comune pensare che abbiano un rendimento omogeneo, più legato al prelievo che al periodo. Non è vero. Semplicemente non si riesce a maturare un valido metro di paragone perché le catture sono secondarie, mentre il piacere è talmente legato alla curiosità della prossima curva da indurci a cambiare continuamente itinerario. Non maturiamo familiarità, ma frequentatele con metodo e vi accorgerete di differenze stagionali e giornaliere. Ho fatto misere figure trascinando amici lungo torrenti ben popolati in primavera e sterili in autunno. Ho risalito riali con trote in caccia già di primo mattino ed altri in cui appena il sole scendeva oltre il crinale diventavano desolati.

Dopo aver consumato più di un paio di stivali, aver appurato che far notte da queste parti è folle, convenuto che ad inizio primavera le ore centrali sono le uniche possibili, ho razionalizzato quanto segue: esistono torrenti più produttivi di mattina ed altri di pomeriggio, dipende dal versante. Attenzione, sui vostri non so, non vorrei generalizzare, mi riferisco all’Appennino Romagnolo, in cui sono di casa, ed a quei pochi torrenti friulani che ho frequentato con costanza.. Da noi è facile schematizzare: i fiumi scorrono tutti da sud verso nord con affluenti che si immettono a spina di pesce. Bene, in questi piccoli affluenti la costante, facilissima da ricordare, è questa: che sia mattino o pomeriggio i risultati migliori si ottengono con il sole alle spalle. Quelli esposti ad est, in cui il sole penetra al mattino, anticipano il loro risveglio, mentre quelli esposti ad ovest, illuminati dal sole fino all’ultimo minuto, regalano quella mezz’oretta in più di pesca che fa la differenza. Non solo, pescando necessariamente in caccia è fondamentale poter individuare le trote o le loro postazioni, cosa impossibile con il sole in faccia. Studiatevi bene la vostra cartina.

Torrenti di fondovalle - Nei piccoli torrenti qualcosa si cattura sempre, ma qui, sbagliando timing, si rischia la noia. I pesci spariscono, peggio ancora: sembra non ci siano mai stati.

Sono posti sia da schiusa sia da caccia, posti però, dove il pesce deve realmente essere fuori per aggredire il nostro artificiale. In questi luoghi le zone che più mi rimangono impresse sono proprio quelle in cui, seppure il mio istinto mi dica “ecco il posto perfetto per un bel pesce”, non catturo. Mi allontano con la certezza di esser capitato nel momento sbagliato o con l’approccio sbagliato. Mi allontano con la promessa di ritornare.

Sono posti che non si razionalizzano, occorre conoscerli. Come in risorgive e fiumi del piano si può sperare nel coup de soir o coup de midi, ma questo è banale, è noto a tutti, quello che invece è poco sfruttato è il primo mattino. Mentre è vero che le schiuse cominciano generalmente più tardi è anche vero che i pesci sono attivi e disposti alla salita già alle prime luci dell’alba. Io sono pigro, ho abbracciato con fervore la pesca a mosca anche per evitare levatacce, eppure so di aver perso molte buone occasioni. A conferma di ciò ecco una serie d’esperienze maturate a discapito della mia indolenza:

- Fine maggio, campeggio libero sulle rive del lago di Ca Zul. Il lago è popolato da qualche trota e da grossi cavedani diffidenti. Mi sveglio alle prime luci del giorno e li trovo tutti a galla, ben disposti a contendersi i grossi formiconi che gli propongo.

- Inizio Giugno, Resia. Durante il giorno i temoli salgono in caccia e solo a tarda sera iniziano a bollare assieme a rarissime marmorate. Provando la mattina prestissimo il risultato s’inverte: dalle prime luci dell’alba al sorgere del sole le uniche prede sono marmorate di media taglia, che appostate nei sottoriva aggrediscono le nostre imitazioni. Al primo raggio di sole si dissolvono assieme alla rugiada dei prati.

- Fine Luglio, Alto Meduna. Per conciliare famiglia e pesca m’impongo di pescare solo la mattina presto: inizio alle 6 ed alle 8,30 sono di ritorno per la colazione. I temoli, contrariamente a quello che avevo più volte riscontrato in altri posti salgono volentieri e numerosi anche in questi orari.

- Agosto, Appennino. Il caldo, la luce eccessiva ed i bassi livelli rendono i pesci apatici e fanno sembrare i torrenti privi di vita. Basta essere in acqua alle prime luci dell’alba per trovare ad attenderci un mondo diverso. Se poi il torrente scorre in una valle stretta ed ombrosa c’è buona probabilità di catturare fino a metà mattina.

- Fine Ottobre, Natisone. La frega delle marmorate probabilmente è già cominciata. Di giorno non si vedono e le uniche prede sono dei temoli discreti. Vado al fiume presto in un periodo dell’anno in cui i primi pesci iniziano a bollare verso le dieci, presto significa 8-8,30 e mi accorgo che le grosse trote che popolano il fiume sono a caccia nell’acqua bassa. Fuggono sistematicamente prima di lasciarsi avvicinare od al primo volteggio, ma comunque sono fuori.

Arrivare presto al fiume però significa esser troppo stanchi la sera, quando le piane si popolano. Occorre far delle scelte legate al periodo, all’ambiente, alle possibili schiuse. Crescendo ho imparato che per cogliere tutte le opportunità di pesca, per pescare di più, a volte la cosa migliore da fare è proprio smettere di pescare, ricaricarsi un paio d’ore, e tornare in acqua con l’energia e la voglia necessaria a far notte.

Fiumi e sorgive - Inquinamento, agricoltura intensiva e regimazione delle acque hanno ridotto di molto l’abbondante popolazione bentonica che caratterizzava questi ambienti. Qui per veder realmente scendere degli insetti non bastano i consigli, occorre anche la fortuna, (e credetemi, la fortuna esiste. Se no come potremmo spiegare le grosse trote che catturano gli altri?)

Al giorno d’oggi sedersi sulla riva ad aspettare una schiusa ha un ché di ascetico, di mistico: esercizio poco adatto ai moderni figli d’un mondo troppo veloce. Comunque agli altri, ai nostalgici che come me non si rassegnano, riassumo velocemente le possibilità rimaste di veder bollare un pesce e le adeguate strategie di pesca.

- Chironomi. Hanno invaso tutte le acque da salmonidi e schiudono in qualsiasi orario ma hanno un difetto: sono piccoli, maledettamente piccoli, quindi poco adatti a smuovere i grossi pesci dal fondo, ed invisibili in acqua, il che vuol dire non sapere mai cosa appendere al finale.       Strategia di pesca: immaginatevi dove s’è posato l’artificiale e ferrate non appena un impercettibile movimento turba la superficie. Recuperate la vostra cattura con serenità, tanto a prescindere dalla vostra abilità è molto improbabile che il vostro “micronomo” sul 28 faccia presa nella bocca di una trota di oltre 20 cm e mai e poi mai vi rimarrà fino alla resa del pesce.

- Bread fly. Siete lì, in acqua fin dal mattino, il cielo è coperto, una bassa pressione in arrivo, le condizioni sono ideali per la schiusa e, difatti, mentre fino ad un attimo prima regnava la calma assoluta, improvvisamente una serie incredibile di grosse bollate squarcia la superficie. I pochi lanci che riuscite a piazzare risultano infruttuosi, tutto finisce com’è cominciato lasciandovi allibiti. Vi girate verso monte dove il ponte pedonale attraversa il corso d’acqua ed ecco la risposta all’arcano: una vecchietta vi guarda sorridendo con in mano un sacchetto di carta. Come tutti i giorni porta il pane alle anatre e le trote, che ormai lo sanno, stanno in attesa pronte a contenderlo ai pinnipedi, ma rimangono indifferenti a mosche vere o false che scendono con la corrente.     Strategia di pesca: se siete dei PaM sgamati già possedete nella vostra scatola ciò che serve. Se invece siete ancora delle anime pure guardate con l’acquolina in bocca il vostro ultimo panino e sacrificatelo alla causa per montare al volo una Baguette Fly Special di cui vi rivelo in esclusiva il dressing.

Amo: recuperato dalla meno pelosa delle vostre mosche.

Corpo: realizzato in dubbing di mollica.

Ali: ricavate da un grosso pezzo di crosta.

Filo di montaggio: la strisciolina di pelle di mortadella che tanto, come al solito, il salumiere si è dimenticato di togliere dal vostro panino. Ora rimane solo d’alternarsi col vostro socio, uno sul ponte a far cadere briciole di pane, l’altro a catturare le bestie.

- Coup de soir. Non è vero che le schiuse non esistono, è solo che avvengono molto tardi, quando ormai tutti i pescatori hanno abbandonato il fiume, ma voi lo sapete e cosí avete aspettato fino a buio pesto su questa bellissima lama. Inutilmente. Nessuna mosca è scesa sull'acqua. Desolati decidete di smontare l'attrezzatura ma non appena avete tolto la mosca e sfilato la coda ecco l'impossibile: il fiume si anima ed i pesci vanno in frenesia alimentare. Il tentativo di infilare la coda e rimontare la mosca al buio vi causa un collasso nervoso. Rinunciate e ve ne tornate alla macchina mandando "Coup" a tutti.

Pensate che ho esagerato? Non illudetevi, è la pura verità, e se per caso avete la fortuna di assistere ad una vera schiusa guardate bene nella vostra scatola… non troverete nulla che assomigli, anche minimamente, a quello di cui le trote si stanno cibando in quel momento.

 

La schiusa - A volte però il miracolo s’avvera, START, qualcuno ha inserito un gettone ed il gioco è cominciato: bollate, salti, la ferrata ed improvvisamente, finalmente, sto pescando. Solo pescando. Lavoro, soldi, donne… tutti i miei demoni spariti, all’improvviso. L’ho già detto, amo le schiuse e se pesco a mosca è perché la magia del pesce che sale a ghermire l’artificiale mi ha stregato. Sono disposto a fare 1000 km nella speranza di pesce in attività e non esco neppure di casa se mi propongono grosse prede da pescare sotto. Non me ne vogliate, ciascuno deve essere libero di agire come preferisce, ma per me ninfe e sommerse sono un ripiego, non le uso per pescare ma per catturare del pesce. Del resto chi si avvicina alla pesca a mosca non lo fa certo perché si cattura di più: con una bolognese ed un bel galleggiante si prendono più pesci ed anche più grossi. Lo fa per acquisire una tecnica particolare e gustare nuove emozioni. Indirizzare i nuovi adepti verso la sommersa o, ancor peggio, verso pesanti ninfoni sorretti da voluminosi strike indicator li porta facilmente a misconoscere la pesca a mosca e, mi ripeto, siccome si cattura di più e la differenza è poca, tornare alla bolognese.A volte confondo i miei interlocutori affermando che mi piace pescare solo a secca. Non è vero: una secca, un’emergente, una ninfa di superficie, quando inducono la bollata del pesce per me sono equiparabili. Certo, osservare un pesce ghermire una mayfly è molto più piacevole che immaginare una bollatina su di una minuscola emergente, ma il piacere di vedere lui, proprio lui, salire è sempre impagabile. Ecco gli altri due punti che ci avvicinano alla perfezione: vedere la salita e la sfida con il singolo pesce. Pescare in caccia, pescare in controluce, in acque mosse, all’imbrunire, o in tutte quelle situazioni in cui l’unico segno tangibile della presa è il cerchio prodotto dalla bollata, toglie qualcosa al piacere. E’ vero, si vede il pesce aggredire l’artificiale o si prova la soddisfazione d’aver individuato la sua postazione di caccia, ma manca la sfida, l’uno contro uno che si genera con pesci in costante attività. Manca la sospensione temporale, la dilatazione del tempo, la connessione empatica che percepiamo dal momento che la nostra preda si stacca dal fondo all’attimo in cui afferra l’imitazione. Manca il respiro che si blocca ed il cuore che già pregusta l’adrenalina.

La pesca con grossi terrestrial per stanare belle trote nascoste tra la vegetazione mi stimola, le schiuse primaverili nei fiumi del piano che tengono trote e temoli in costante attività mi affascinano, ma so già che durante il lungo inverno le immagini che più spesso mi torneranno in mente saranno quelle legate alla situazione che preferisco in assoluto: una risorgiva a fine Maggio, una schiusa in corso ed una trota di taglia a mezz’acqua che sale fino al tetto del suo mondo a ghermire grosse dun… seppure debba ammettere che anche trovarmi la Zeta Johns, nuda sul letto che mi sussurra “fammi tua!”, non sarebbe male come situazione!!! GAME OVER, senza preavviso, com’è cominciato tutto è finito. Di intere legioni d’effimere appena scese verso valle non resta che una scarna retrovia. Se solo potessi trovare lo slot che lampeggia con scritto INSERT COIN farei volentieri un'altra partita! Rimangono solo radi insetti, ritardatari o diversamente abili, ma di certo con scarse probabilità di riprodursi. Ora, con più bocche in attesa che ali in transito, non hanno scampo: vengono predati sistematicamente. La selezione naturale non perdona. Questo è il momento in cui anche il nostro avversario abbassa le difese. Se la schiusa non è stata gargantuesca i pesci rimangano in eccitazione e competizione alimentare. Mentre fino a poco prima la presa della nostra mosca era vagamente contemplata nella legge dei grandi numeri, ora giochiamo alla pari: la giusta passata con una buona approssimazione di quello che è appena sceso quasi sempre corrisponde alla salita del pesce.

Per il PaM la schiusa intensa è un evento naturale tanto atteso e spettacolare quanto frustrante. Diciamocelo, chi riesce a catturare con ritmo più che occasionale in questi momenti? La competizione è talmente a nostro sfavore che anche la migliore imitazione riscuote un tiepido interesse. In questi frangenti paga solo l’uno contro uno. Cercate l’avversario nella posizione a voi più favorevole e concentratevi su quello. Osservatene sia il ritmo che il punto esatto in cui sale e verificate il filo di corrente su cui posare la vostra mosca. L’unica possibilità che avrete d’indurlo alla presa sarà quella di fargli capitare con precisione millimetrica ed un timing perfetto l’imitazione nel punto e nel momento esatto in cui sta salendo verso il pelo dell’acqua. Se voi sarete bravi lui si potrà sbagliare.

Se voi sarete bravi il premio sarà la cattura.

Bravi non tanto nella posa, prima o poi ci si azzecca, ma bravi nel riuscire ad ignorare per qualche minuto le decine di bollate che vi si susseguono attorno. Io non ce la faccio, è più forte di me. Lancio parossisticamente a tutti i pesci a tiro e riesco a spaventarne almeno la metà prima di decidermi di provare veramente a catturarne uno. Cambiate mosca solo quando siete ben certi che ad una presentazione perfetta non l’ha considerata o se dopo un paio di rifiuti comincia ad ignorarla. Ricordatevi: anche se è un bel pesce dopo il terzo cambio si cade nel masochismo. Scegliete un altro avversario e ricominciate da capo.